Roma - Un eccesso di ottimismo, oppure un colpo di teatro per far dimenticare che, in fondo, le difficoltà di questo governo non sono poi tanto diverse rispetto a quelle affrontate del precedente esecutivo guidato da Enrico Letta. E che, perlomeno nel breve periodo, da Palazzo Chigi non usciranno cose concrete su tasse e lavoro.
Ieri Matteo Renzi ha confermato le prime tappe. Jobs Act, misure per la scuola e piano casa «sono pronti», ha assicurato. Saranno «provvedimenti choc», necessari, altrimenti «sprecheremo la ripresa». «Ci sono due miliardi di euro» per la scuola - ha annunciato -che «non sono sufficienti per tutti i Comuni, ma vanno spesi anche per dare un segnale». Poi la riforma del lavoro e degli ammortizzatori, oltre al piano casa. Il tutto presentato mercoledì in una «corposa conferenza stampa».
A parte il piano casa che il ministro Maurizio Lupi ha pronto da un po' e il piano per l'edilizia scolastica, la parte più attesa- il Jobs Act - difficilmente si tradurrà in un a legge. Forse il premier presenterà delle linee guida, però - a meno che non intenda forzare la mano al ministro Pier Carlo Padoan - gli spazi per un provvedimento vero e proprio sono pochi.
Il ministero dell'Economia ha chiesto a Palazzo Chigi altro tempo per valutare le coperture della cura choc di Renzi. Serve un riflessione sicuramente sul cuneo fiscale - che non è in programma per mercoledì. Ma vanno rifatti i calcoli anche sulla riforma degli ammortizzatori sociali, con il nuovo sussidio universale che sostituirà la cassa integrazione. È previsto un assegno extra per 300mila collaboratori e la progressiva scomparsa degli ammortizzatori in deroga.
Padoan (ma anche il ministro del Lavoro Giuliano Poletti) ha bisogno di più tempo per studiare le misure che Palazzo Chigi vorrebbe invece varare in tempi brevissimi, anche per fare dimenticare il cambio di linea sulla legge elettorale e i primi malumori tra le imprese. Ieri il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi si è augurato «che sia possibile operare con tempi più rapidi di quelli conosciuti finora» per rilanciare l'economia. Gli industriali sono «disponibili al confronto e alla collaborazione». Ma difenderanno le loro ragioni «con determinazione, senza pregiudizi o sconti».
I primi dubbi sull'efficacia della cura Renzi cominciano a farsi strada anche tra i sindacati. Il segretario della Cisl Raffaele Bonanni ieri ha incontrato Poletti. Martedì era stata la volta di Susanna Camusso della Cgil. «Il governo - ha spiegato Bonanni - sta ascoltando le parti sociali. Non ha deciso nulla se non di intervenire su un area delicata, come quella degli ammortizzatori sociali». Per il sindacalista, inoltre, «le cifre finora uscite sugli ammortizzatori sono taroccate».
Per il nuovo ammortizzatore il governo si aspetta di dovere coprire circa 10 miliardi. Quindi sarebbero sufficienti gli attuali stanziamenti per la cassa integrazione e per gli ammortizzatori in deroga. Ma se l'intenzione è di dare un sussidio anche ai collaboratori, ne potrebbero servire molti di più, fino a 20 miliardi. In sostanza il governo dovrebbe trovare per i sussidi una cifra simile a quella che pensa di spendere per tagliare il cuneo fiscale.
Più facile portare a termine gli altri due capitoli: casa e scuola. Il piano del ministro Maurizio Lupi da 1,5 miliardi è pronto da tempo. La misura principale è il taglio della cedolare secca al 10%. Poi il piano per l'edilizia scolastica.
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