Prepariamoci all'ultimo ricatto

Tra una settimana la Cassazione deciderà le sorti politiche e personali del Cav. Se sarà condannato si leveranno minacce verso il Pdl: state buoni o risale lo spread

Prepariamoci all'ultimo ricatto

Tra una settimana esatta sapremo se Silvio Berlusconi potrà continuare la sua attività politica da uomo libero. La sentenza della Corte di cassazione, ultimo grado di giudizio del processo sui diritti Mediaset, è prevista infatti per martedì 30 luglio. Mancano sei giorni, ore decisive per i tecnici di accusa e difesa. Ma a dirla tutta, secondo il pensare più diffuso, la scelta non sarà tra conferma o no della condanna (4 anni di carcere, 5 di interdizione dai pubblici uffici) come dovrebbe essere, ma solo tra condanna subito o a settembre in base a complicati cavilli procedurali e scelte di opportunità. Lo dico perché appartengo alla schiera dei pessimisti, non per valutazioni di merito giudiziario. Due osservazioni. La prima: che Berlusconi sia un evasore abituale, come definito in sentenza, è smentito dai fatti: 9 miliardi di tasse versate regolarmente in questi ultimi 18 anni da lui e dalle sue aziende dimostrano in maniera inequivocabile che Mediaset non è un'impresa pirata ma un fiore all'occhiello del Paese che ha contribuito in modo importante al suo sviluppo in termini economici e occupazionali. La seconda: Berlusconi è accusato, unico grande imprenditore italiano, di non poter non sapere di qualche pasticcio combinato da suoi manager o addirittura ex (due furono licenziati in tronco all'epoca dei fatti).

Queste due anomalie e forzature (non sono le uniche emerse) fanno pensare che le sentenze di primo e secondo grado fossero già scritte fin dall'inizio. Le corti non hanno cercato la verità storica al di là di ogni ragionevole dubbio e con buon senso ma sono andate diritte su una tesi accusatoria lacunosa, raffazzonata e non vedo perché proprio ora, a un centimetro dal traguardo, la rotta debba cambiare.

Berlusconi la pensa diversamente, sostiene che all'ultimo la sua innocenza dovrà essere riconosciuta. Ammiro il suo incrollabile ottimismo e mi auguro che ancora una volta abbia ragione. Ha deciso di aspettare il verdetto in silenzio, rotto solo per assicurare che la sentenza non avrà ripercussioni politiche. Comportamento apprezzabile, forse suggerito e condiviso dai collaboratori che in queste ore stanno lavorando per la sua salvezza.

Ma proviamo a uscire dai tatticismi. Ancora per sei giorni Berlusconi ha il diritto-dovere di difendere se stesso, il futuro suo, delle aziende del gruppo e del partito che ha fondato come meglio crede e non è il caso di tirarlo per la giacchetta. Insegnare ai gatti ad arrampicarsi è inutile oltre che presuntuoso. Ma se il 30 dovesse avvenire l'irreparabile, allora il problema non sarebbe più esclusiva del presidente ma diventerebbe anche nostro, cioè di quei dieci milioni di italiani che rimarrebbero senza la rappresentanza politica liberamente scelta nelle urne. Penso che a quel punto tutti noi liberali avremmo a nostra volta il diritto-dovere di fare sentire forte, nei modi e nelle forme che riterremo, le nostre ragioni. Non ho idea di che cosa potrebbe decidere il Pdl e non credo che la questione centrale sia se tenere in piedi questo governo o no. Le larghe intese potranno anche rassicurare i professionisti della politica, forse addirittura i mercati ma certo - almeno che non vogliamo prenderci in giro - non saranno mai decisive per la soluzione della crisi che può arrivare solo da un riequilibrio dei patti che tengono in piedi lo sciagurato euro.

Eppure, scommetto, se la sentenza dovesse condannare definitivamente Berlusconi si alzerà forte un coro minaccioso verso di lui e il Pdl: fate i bravi, state a cuccia al fianco del governo Letta altrimenti lo spread risale, l'Europa di arrabbia e altre palle del genere già sentite per insediare i tecnici di Monti con il risultato che ben conosciamo. Sarà un gigantesco ricatto per tentare di accompagnarci per mano fuori dalla politica e dalla storia di questo paese in modo da spartirsi comodamente le spoglie e soprattutto il bottino. Io credo che, comunque vada, Berlusconi non debba e non possa uscire di scena, per di più con l'imbroglio, se non per volontà degli elettori.

E allora prepariamoci, se dovessi avere ragione io e non lui su ciò che succederà il 30, a dirlo forte e chiaro a chi ha costruito - dentro e fuori i palazzi di giustizia - questo imbroglio. E anche a lui medesimo, nel nostro interesse.

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