Ignazio La Russa, presidente del Senato, è finito nell’occhio del ciclone per le sue parole sull’antifascismo in Costituzione, mentre pochi giorni prima le vignette del Fatto Quotidiano hanno puntato il dito contro il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. La destra di governa sembra sotto attacco. Ne abbiamo parlato col politologo Marco Tarchi, docente di Scienze Politiche all’Università di Firenze.
Professore, cosa ne pensa delle parole del presidente del Senato?
“Sono tentativi di scollegare i concetti di democrazia e di antifascismo, contrapponendo alla prima tutti gli esempi di totalitarismo, di qualunque colore”.
E della sua scelta di volare a Praga per commemorare Jan Palach?
“Sono mosse comprensibili sul piano strategico e certo non sgradite agli elettori di destra”.
Parliamo di “sostituzione etnica”. C’è un qualche nesso col fascismo?
“È una discussione importata dalla Francia, dove è stato lo scrittore Renaud Camus ad introdurre il concetto con la formula grand remplacement per stigmatizzare la forte crescita della popolazione di origine straniera nel suo paese. Contrariamente a quanto sostengono quanti in Italia lo citano senza averne letto una riga, Camus non sostiene che questo fenomeno sia il frutto di una strategia o di un complotto, ma la conseguenza di una serie di scelte politiche della classe dirigente da lui criticate. Benché, falsificando la realtà, Wikipedia lo presenti come un “militante di estrema destra”, Camus, già comunista e difensore dell’omosessualità da ogni forma di discriminazione, non ha niente a che vedere con il fascismo. È e rimane un intellettuale indipendente”.
Qual è la sua opinione sulla vignetta del Fatto sul ministro Lollobrigida?
“È una pesante caduta di stile, soprattutto perché nei giorni precedenti erano venute alla luce le dicerie – smentite dall’interessata con tanto di prova del dna sulla paternità del figlio – su una relazione extraconiugale del ministro. Accanirsi sulla moglie è bassezza morale, non satira".
Ma la polemica sulle parole del ministro era inevitabile?
“Sì, era inevitabile dato che, da quando il governo Meloni si è insediato, tutti i suoi oppositori non attendono altro che di cogliere l’occasione, o il pretesto, per accusarlo di coltivare idee di estrema destra. E, nel clima di “politicamente corretto” imperante negli ambienti mediatici e intellettuali, ogni critica all’immigrazione viene immediatamente collocata in questo contesto”.
Ma, in Europa, è in atto una “sostituzione etnica”?
“L’espressione è impropria, perché – presa alla lettera – sottintenderebbe un cambio integrale di popolazione: la scomparsa di quella autoctona e l’insediamento di una completamente diversa. È evidente che con queste due parole si vuole evidenziare un processo che è innegabile, ovvero l’aumento costante della percentuale di cittadini di origine straniera in molti Paesi europei. Qualunque statistica conferma questo dato, che peraltro balza agli occhi a chiunque si trovi a passeggiare nel XIX o XX arrondissement di Parigi, nelle periferie circostanti o in vari quartieri di Marsiglia o di Bruxelles, tanto per fare qualche esempio. In Svezia, circa un quarto della popolazione, se si considerano le ultime tre generazioni – dai nonni ai nipoti – è di origine straniera. E il governo lì si dice preoccupato da questa deriva. Che ha innescato, come altrove, seri problemi di convivenza sociale e culturale”.
Abbiamo veramente bisogno di manodopera straniera per risollevare l’economia italiana o il governo Meloni dovrebbe pensare soprattutto a politiche contro la denatalità?
“La prima politica seria dovrebbe essere di ordine educativo: contrastare la mentalità che porta sempre più giovani italiani a considerare dequalificante ogni occupazione materiale e a preferire vivere alle spalle della famiglia o sperare in sussidi allo “sporcarsi
le mani” in lavori che pensano debbano fare “gli altri”. Questo sì che è un modo di pensare classista e razzista. Ma sarà difficile estirparlo, perché è un frutto della (in)civiltà consumistica tanto cara ai loro padri”.
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