"Un progetto di unità nazionale. La Liberazione non è di un partito"

faccia a faccia a "Zona bianca" sull'intervento del 2009. Da lì partì l'invettiva della sinistra

"Un progetto di unità nazionale. La Liberazione non è di un partito"

Poteva essere la consacrazione di un 25 aprile davvero di tutti, una festa della Libertà, quella riconquistata e quella da difendere ogni giorno. Il discorso per l'anniversario della Liberazione che Berlusconi tenne a Onna nel 2009, appena venti giorni dopo il terremoto che aveva raso al suolo la frazione dell'Aquila e colpito duramente l'Abruzzo, torna di prepotente attualità nei giorni delle reiterate polemiche su una data che, da sempre, tende più a dividere che a unire il Paese. E a parlare di quel discorso, ospiti di Giuseppe Brindisi a Zona Bianca, su Rete4, domenica sera c'erano il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il direttore del Riformista e della ri-nascente Unità Piero Sansonetti, e il direttore di Libero, Alessandro Sallusti. Il titolare della Farnesina ha ricordato come quel discorso fosse il «messaggio di un uomo di Stato che guardava e guarda al futuro, facendo un prezioso bagaglio del passato». A Onna, quel giorno, tra le rovine, Berlusconi pronunciò, per Tajani, un «discorso di unità nazionale e di pacificazione, sempre ricordando chi stava dalla parte giusta e sbagliata, però riconoscendo a tutti coloro che si erano battuti la dignità». Per il ministro degli Esteri, proprio «il fatto che ci fossero italiani di ogni colore politico a combattere per la libertà dimostrava, e dimostra ancora oggi, che la Liberazione è frutto di una scelta nazionale, non è il patrimonio di un partito o di un altro. È un patrimonio italiano». Qualcosa che Berlusconi disse chiaramente. Anche per Sansonetti, che attribuisce a La Russa e a Fdi la responsabilità delle polemiche di questi giorni, c'è da avere nostalgia per la primavera del 2009 e per le parole dell'allora premier. Un discorso «molto saggio, di ricordo della Resistenza e di analisi di quegli anni assolutamente condivisibile», il discorso «di un leader liberale, che in quel momento era il capo assoluto e incontrastato di una destra che era a fortissima maggioranza liberale, e che aveva piccolissime frange reazionarie». Ma proprio Sansonetti centra il punto, ricordando come, inequivocabilmente, «dopo quel discorso inizia l'attacco frontale a Berlusconi», l'attacco giustizialista scatenato da sinistra, che spariglia le carte e porta a indebolire «la componente liberale del centrodestra», fino a renderla minoritaria. Una lettura condivisa, quanto al finale, da Sallusti. Che definisce Berlusconi «l'uomo più democratico, antifascista e liberale che abbia mai conosciuto», e del leader di Forza Italia ricorda «l'ossessione della pace». Berlusconi, spiega Sallusti, «non concepisce la libertà staccata dal concetto di pace», tanto da aver raggiunto Bush alla Casa Bianca pregandolo di non fare la guerra all'Iraq, «non per difendere Saddam, ma perché era convinto che non sarebbe stata la guerra a risolvere il problema», per vivere ancora la stessa angoscia quando, prosegue Sallusti, «uno sciagurato Sarkozy, con l'appoggio dell'allora Capo dello Stato Napolitano, decise di bombardare la Libia». «Quella notte ricorda Sallusti - Berlusconi pensò di dimettersi pur di non bombardare la Libia».

E a Onna, aggiunge il direttore di Libero, Berlusconi chiarì nel suo discorso di ripudiare la guerra come strumento di risoluzione di controversie. Ma appunto, conclude Sallusti, «dopo quel discorso Berlusconi raggiunse il massimo del gradimento come prenier, arrivando al 75 per cento, e quella è stata la sua condanna».

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