Il crimine non paga ma la «strategia delle lacrime» sì. Ed è su questo fronte che si è sempre mossa la difesa di Oscar Pistorius. Un pianto in ogni udienza, forse sincero. Forse studiato. Per commuovere il pubblico, i parenti della vittima ma - soprattutto - la corte. Obiettivo finora centrato in pieno: con il pubblico che non ha mai riservato al campione paralimpico frasi offensive; la famiglia di Reeva Steenkamp (la fidanzata uccisa da Pistorius) che non ha mai infierito sull'imputato e i giudici che - tra cauzioni e perizie - hanno evitato al velocista di finire la sua corsa dietro le sbarre.
All'indomani del delitto il giudice gli riconobbe immediatamente la libertà dietro pagamento di 85 mila euro, (bazzecole per uno che guadagna milioni ndr), poi gli ha concesse libertà di movimento con la singolare motivazione che «con le protesi in carbonio non può certo fuggire...».
Anche ieri Oscar l'ha fatta franca: il giudice ha infatti deciso che l'atleta plurimedagliato non sarà internato in un ospedale psichiatrico per procedere alla perizia sulle sue condizioni. Pistorius sarà invece esaminato tutti i giorni per un mese come paziente esterno. Il processo riprenderà il 30 giugno. Poi si vedrà. Nel frattempo gli psichiatri dovranno stabilire se vi siano o no circostanze attenuanti in favore dell'imputato sotto processo per l'uccisione (volontaria? accidentale?) della sua fidanzata.
Il magistrato ha stabilito che Pistorius «deve presentarsi come paziente esterno al sovrintendente dell'ospedale di Weskoppies dal 26 maggio alle 9 e tutti i giorni seguenti a l'ora fissata per un periodo che non deve superare i 30 giorni».
Gli esperti, tre psichiatri e uno psicologo clinico, hanno un compito arduo: accertare se Pistorius possa essere ritenuto penalmente responsabile di quegli spari che tra il 13 e il 14 febbraio dello scorso anno posero fine alla vita della 29enne Steenkamp, che si trovava nel bagno dell'abitazione di lui. L'imputato afferma di aver agito perché era convinto di aver a che fare con un intruso, mentre la procura sostiene che le abbia sparato intenzionalmente a seguito di una lite. Il giudice, prima di emettere la sentenza, chiede ai periti di verificare se quell'uomo alla sbarra sempre con gli occhi umidi possa essere ritenuto «penalmente responsabile» per l'omicidio. Tutto ruota attorno a una domanda: Pistorius, al momento in cui fece fuoco contro la porta a vetro dietro la quale c'era la sua fidanzata, era capace di intendere e di volere? E poi: era o no, in quel preciso istante, «affetto da un disturbo d'ansia?» (tesi sostenuta dalla difesa). Da queste risposte dipende il proscioglimento o la condanna a 25 anni per omicidio preterintenzionale. I margini per una soluzione intermedia sono scarsi o nulli. Intanto l'imputato resta a piede libero. Libero anche di proseguire nei suoi business.
Altro che rischio bancarotta, altro che «Pistorius costretto a vendere casa per pagare le spese processuali». Il suo conto in bamca sarà presto rimpinguato anche dai diritti del film che ripercorrerà la sua storia. Con due interpreti d'eccezione: Ryan Gosling (che sembra il fratello gemello di Oscar) e Charlize Theron (che pare la fotocopia di Reeva Steenkamp). La trama: un campione di atletica accusato di omicidio e una modella morta ammazzata. Vi ricorda qualcosa?
Gli ingredienti per un bel fumettone ci sono tutti. Peccato che la povera Reeva sia l'unica a non potersi godere lo spettacolo.
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