Non solo Pd. Anche la Lega è in piena fase congressuale e i leghisti della prima ora guardano sempre con maggior interesse ai Comitati del Nord di Umberto Bossi e non solo.
La leadership di Matteo Salvini, al momento, non sembra essere in discussione, ma sottotraccia qualcosa si muove. Il deludente risultato elettorale delle Politiche brucia ancora e la sconfitta dei salviniani al congresso cittadino di Bergamo è un primo segnale di un malumore crescente. A Varese il candidato salviniano ha vinto grazie a soli 12 voti di differenza, mentre a Brescia hanno vinto i ‘nordisti’. “Un partito normale, il giorno dopo le elezioni, avrebbe dovuto fare un’analisi del voto del perché della sconfitta e si sarebbero dovuti fare i congressi regionali”, dice a ilGiornale.it Paolo Grimoldi, ex segretario della Lega Lombarda e sostenitore dei Comitati del Nord. “La Lega oggi non ha un’identità. Io posso ancora parlare di autonomia? Di residuo fiscale e delle imprese? Dei pensionati e dei dipendenti pubblici del Nord?”, si chiede l’ex parlamentare preoccupato che Fratelli d’Italia abbia preso il doppio o il triplo del Carroccio voti in Lombardia e Veneto. “Sono loro che hanno iniziato a parlare al Nord oppure siamo noi che abbiamo smesso di parlare al Nord? E, se noi e FdI diciamo le stesse cose, qual è la differenza tra noi e loro nel progetto politico?”, sono gli interrogativi che si pone Grimoldi e che preoccupano tanti militanti storici del Carroccio. La parola d’ordine è ritrovare l’identità perduta. “Il Comitato del Nord non vuole disgregare la Lega, ma riportare in auge temi cari al Nord”, spiega l’ex deputato del varesotto Dario Galli che aggiunge: “D’altronde senza Bossi non vi sarebbe la Lega. Se, poi, qualcuno mette in discussione anche ciò che dice Bossi, allora bisogna fare qualche riflessione”.
Ufficialmente nessuno parla di scissione e nessuno pensa di buttar giù Salvini dall’oggi al domani, ma dentro il Carroccio c’è un malcontento crescente. “All’interno del Comitato del Nord ci sono persone di grande peso politico come Angelo Ciocca che, con 90mila preferenze, è stato il più votato in Europa dopo Salvini”, osserva un ex parlamentare che preferisce restare nell’anonimato, ma che rivela: “Qui vengono tagliati fuori quelli che hanno il consenso per piazzare degli yes-man come Alberto Stefani in Veneto e Fabrizio Cecchetti in Lombardia”. Ed è pronto a scommettere: “Se si facessero i congressi regionali, Paolo Grimoldi vincerebbe a mani basse in Lombardia e Tony Da Re in Veneto”. E, proprio dal Nord-Est arriva una delle insidie maggiori per Salvini: il ticket Fedriga-Zaia con il governatore friuliano pronto a fare il segretario e quello veneto che punterebbe a ricoprire il ruolo di premier. Roberto Marcato, assessore allo Sviluppo Economico in Veneto, assicura che Zaia non intende assolutamente lasciare Venezia e che “nessuno vuol mettere in discussione la leadership di Salvini, ma i risultati elettorali pongono l’esigenza di fare una riflessione importante, soprattutto quando si passa dal 32 al 7% in tre anni”. Dunque, nessun rischio scissione? “Nulla salus extra ecclesia. Non c’è salvezza al di fuori della Chiesa. Chi immagina percorsi diversi dalla Lega non ha futuro”, sentenzia Marcato. “Non stiamo facendo queste cose contro la Lega anche perché chi non credeva più nella Lega è già passato con Calenda o con Fratelli d’Italia. Chi è rimasto è perché vuole bene alla Lega”, gli fa eco l’ex parlamentare Galli che è rimasto nella Lega anche se non è stato ricandidato “perché sono leghista”. Anche Carlo Piatti, ex segretario cittadino della Lega a Varese, ultimamente molto critico nei confronti del ‘Capitano’, non ha dubbi: “Non ci preme far la guerra a Salvini, ma tornare a parlare dei temi della Lega delle origini. D’altronde, anche il segretario era militante della Lega Nord e non è diventata un’altra persona, ma – ammonisce il militante del Carroccio - ha tralasciato per troppo tempo i temi dell’autonomia, del reddito fiscale e dell’impresa”. Il leader della Lega, però, non deve guardarsi solo dai Comitati del Nord, ma anche da chi fino a poco tempo fa era un suo fedelissimo.
“Salvini è arroccato ai suoi cento parlamentari, ma alcuni, come Riccardo Molinari cui era stata promessa la presidenza della Camera, iniziano a covare del rancore e a organizzarsi per prendere il suo posto”, rivelano fonti del Carroccio piemontese. Le grandi manovre verso il prossimo congresso nazionale sono, ormai, iniziate e gli sfidanti di Salvini stanno già scaldando i motori.
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