Sono i numeri di una catastrofe quelli con cui Giorgio Santacroce, primo presidente della Corte di Cassazione, si è presentato questa mattina all'inaugurazione dell'anno giudiziario. Alla presenza del capo dello Stato Giorgio Napolitano, Santacroce ha fatto i conti dell'arretrato colossale che pesa sulla giustizia italiana: 5 milioni e 250 mila cause civili, 3 milioni e duecentomila processi penali. In tutto quasi otto milioni e mezzo di processi in attesa di una risposta da parte dell'apparato giudiziario che arriverà - e Santacroce lo sa benissimo - solo tra anni. Eppure per Santacroce non siamo davanti a una emergenza: "Non sono giustificate - secondo Santacroce - espressioni come 'collasso' o 'sfascio' o 'stato comatoso', termini che appaiono oggettivamente mistificatori della situazione del settore". Appena pochi giorni fa il Consiglio nazionale forense, che raggruppa gli ordini degli avvocati di tutta Italia, in un suo comunicato aveva denunciato come gli interventi legislativi di razionalizzazione del processo civile eseguite negli ultimi tempi abbiano avuto come unico risultato l'allungamento di due anni della durata media dei processi.
È un quadro, come si vede, non dissimile da quello che i lettori del Giornale hanno descritto in queste settimane con le centinaia di storie inviate dall'indirizzo malagiustiza@ilgiornale-web.it, tracciando una sorta di affresco collettivo di un sistema giudiziario dai tempi intollerabili, e che spesso produce - quando le sentenze arrivano - conseguenze assurde. La settimana prossima il Giornale consegnerà le storie dei suoi lettori al ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri.
Ma nell'intervento di oggi di Santacroce gli accenni autocritici sono scarsi. Il presidente della Cassazione si espone un po' di più sul fronte della giustizia penale, sottolineando lo stato di invivibilità delle carceri, chiedendo modifiche al sistema delle misure cautelari che facciano effettivamente della manette la "extrema ratio" durante la fase delle indagini preliminari, e indica un indulto del Parlamento come la sola strada per affrontare a breve termine la emergenza carceraria. Parziale autocritica anche sull'utilizzo che la magistratura fa della sua autonomia ed indipendenza (e qui Santacroce è sembrato raccogliere i dubbi avanzati dal vicepresidente del Csm Michele Vietti in una recente intervista): "Dobbiamo avere il coraggio - ha detto Santacroce - di interrogarci su ciò che non ha funzionato e continua a non funzionare nell'esercizio del potere diffuso, nel sistema di autogoverno e nell'associazionismo giudiziario che pure, nella loro essenza, costituiscono esperienze feconde, positivamente apprezzate anche fuori dal nostro Paese".
Ma sulla inefficienza, la improduttività e la pigrizia di settori dell'apparato in toga, Santacroce non ha detto nulla. E ha preferito puntare il dito sulla classe politica, che delegittimando la magistratura si renderebbe in qualche modo corresponsabile della stiuazione: "Lo stato di tensione fra magistratura e politica non accenna a spegnersi e il suo persistere, più che una nota dolente, rappresenta una vera e propria spina nel cuore per noi magistrati.
Il risvolto più doloroso di questa tensione è una delegittimazione gratuita e faziosa che ha provocato, goccia dopo goccia, una progressiva sfiducia nell'operato dei giudici e nel controllo di legalita' che a essi è demandato".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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