Schiaffo del giudice a Re Giorgio sul recluso malato

Negato il differimento della pena chiesto dal Quirinale: "Di Sarno non è in pericolo di vita"

Schiaffo del giudice a Re Giorgio sul recluso malato

Il «no» è ai legali di Vincenzo Di Sarno, che avevano chiesto la sospensione dell'esecuzione della pena. Ma lo schiaffo del giudice va ben oltre. Su, da Napoli, sino a Roma, al Colle. Ed è uno schiaffo che pesa, visto che si abbatte sul primo giudice d'Italia, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che giusto due giorni fa aveva lanciato un appello per questo detenuto in attesa di giudizio, malato e ormai allo stremo, rinchiuso nel carcere di Poggioreale.
Nulla da fare. Nemmeno l'intervento di Re Giorgio, che è delle toghe è il capo in quanto presidente del Csm, ha potuto modificare il corso degli eventi. All'indomani dell'allarme del Quirinale per le condizioni di salute del detenuto Di Sarno, condannato a 16 anni per omicidio, il magistrato di Sorveglianza di Napoli ha rigettato la richiesta di differimento della pena. «Non appare in immediato pericolo di vita», ha scritto il giudice. Il magistrato ha comunque disposto che Di Sarno sia ricoverato in ospedale, per uno screening sulle sue reali condizioni di salute. Cosa che è stata fatta già ieri pomeriggio, visto che il giovane è stato trasportato al «Cardarelli». Tuona, disperata, la mamma di Di Sarno, Maria Cacace, che già a settembre aveva chiesto la grazia per quel figlio moribondo a Poggioreale: «Non è in pericolo di vita? Pesava 115 chili e ora 53, sta bene secondo voi? È allo stremo, rifiuta la terapia e il cibo perché non ce la fa più. Come fanno i magistrati a non capirlo?».
Nell'ordinanza il giudice rileva che «non vi sono i presupposti per l'adozione di un provvedimento d'urgenza». Sottolinea inoltre che Di Sarno «è costantemente monitorato in ambiente intramurario» e che «sta rifiutando terapia medica infusiva e nutrizione con brick, nonostante le continue sollecitazioni mediche». Di qui la richiesta di ricovero, subito, in una struttura attrezzata per la sua patologia, un tumore midollare.
Un caso emblematico, quello di Di Sarno. Emblematico dei paradossi di una giustizia malata qual è quella italiana. La grazia, infatti, non gli può essere concessa subito visto che la condanna non è ancora definitiva. A cinque anni dall'arresto nel 2009, per l'uccisione di un extracomunitario durante una rissa, il caso Di Sarno è approdato in Cassazione solo lo scorso 19 novembre. E siccome non si tratta del Cav, per il quale a tempo record è stata scomodata la sezione feriale, alla Suprema corte resta in lista d'attesa. E pure il differimento della pena non è semplice, visto che non di pena definitiva si tratta ma di custodia cautelare, regolamentata da altri paletti, che si può sospendere solo in casi di incompatibilità assoluta. Comunque, per quest'uomo che al capo dello Stato ha chiesto con una lettera non la libertà, ma di essere aiutato a morire, è lotta contro il tempo. Al «Cardarelli», oggi, Di Sarno riceverà la visita del sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Berretta.

Napolitano ha già auspicato che le procedure per sospensione della pena o grazia «siano condotte in tempi commisurati alla gravità delle condizioni di salute di Vincenzo Di Sarno». La mamma spera: «Solo Napolitano può aiutarci».

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