Disse una volta Pier Luigi Bersani (che del carattere emiliano ha senz'altro il buonumore e un certo stralunato senso dell'ironia), in occasione di non so quale consultazione elettorale, che la vittoria era sì a portata di mano, ma soltanto «se noi non facciamo assolutamente nulla», perché la capacità della sinistra italiana di danneggiarsi da sola non ha eguali nel mondo civilizzato. Parole profetiche e sempre attuali, confermate ogni volta dalle divisioni e dalle polemiche interne e soprattutto, nel caso specifico del Pd, dalla tendenza inarrestabile a complicare qualsiasi problema, così da renderlo insolubile.
E così, per quanto possa apparire surreale, accade che sui diritti delle coppie omosessuali rischia di affondare l'intera impalcatura dell'alleanza «fra progressisti e moderati» che dovrebbe fra pochi mesi chiedere agli italiani i voti per condurre il Paese fuori dalla crisi. Ci si aspetterebbe uno scontro sulle politiche economiche e sociali (dove peraltro le differenze all'interno dello stesso Pd sono a volte abissali), una discussione serrata sull'euro e l'Unione europea, o magari uno scambio d'opinioni sull'utilità o meno di un vasto programma di privatizzazioni per aggredire il debito: e invece niente, il Pd e il centrosinistra si scannano sulle coppie gay.
L'aspetto bizzarro del fenomeno consiste nel fatto che i due partiti da cui il Pd ha storicamente origine - il Partito comunista e la Democrazia cristiana - erano non soltanto più seri e più disciplinati nelle discussioni interne, ma soprattutto erano assi più laici, pragmatici e realisti nell'affrontare questioni ritenute eticamente sensibili. La Dc al governo ha consentito che il Parlamento votasse prima il divorzio e poi l'aborto, senza per questo rimettere in discussione le alleanze politiche; e il Pci dall'opposizione non ha mai guidato crociate ideologiche ma, al contrario, ha sempre cercato di costruire l'intesa più ampia possibile.
Oggi le cose vanno in tutt'altro modo, e i diritti delle coppie omosessuali sono diventati un'arma contundente da brandire contro un dirigente o a favore di un'alleanza, per dividersi o per definire la propria identità. Pier Ferdinando Casini, che pure si è espresso a favore di «garanzie giuridiche per una coppia di conviventi anche dello stesso sesso», non ha saputo rinunciare, per evidente cerchiobottismo, a definire i matrimoni tra gay «un'idea profondamente incivile, una violenza della natura e sulla natura». Tanto che persino Rosy Bindi, la zarina bianca che è all'origine della violenta polemica di questi giorni, ha voluto prendere le distanze dal correligionario dell'Udc, «perché non si offendono mai né le persone né le loro idee». Però, ha subito aggiunto, «i matrimoni gay sono incostituzionali», dimenticando che anche il federalismo, per dire, era incostituzionale prima che la Costituzione venisse democraticamente modificata in senso federalista.
Sul fronte opposto, Nichi Vendola spara a palle incrociate, sfruttando con disinvolto cinismo la questione delle unioni gay per affondare l'alleanza con Casini: «Quando entra nel campo, per lui un po' impervio, dei diritti civili, usa un vocabolario violento e intellettualmente rozzo». In gioco è la scelta fra il centro-sinistra col trattino (cioè con il Terzo polo) e l'alleanza con Di Pietro, che a sua volta si è sorprendentemente impancanto a difensore dei diritti degli omosessuali.
I primi a rimetterci, purtroppo, sono proprio gli omosessuali, che vedono un'elementare battaglia di civiltà trasformarsi in una rissa tanto violenta quanto vistosamente strumentale e opportunista. Il motivo di un tale disastro sta forse nella profonda incultura liberale di cui è imbevuto il Pd, sia nella sua componente post-comunista, sia in quella post-democristiana. Cattolici e comunisti, per motivi non del tutto diversi, faticano a concepire l'esistenza dei diritti individuali, naturali e inalienabili. Senza dimensione sociale, l'individuo per loro non esiste.
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