Ma se il Papa si ritirasse...

Il Pontefice è un grande teologo, ma non è abituato a sguazzare fra complotti e trame oscure

Ma se il Papa si ritirasse...

Tutti sanno o dovrebbero sapere che Ratzin­ger è un mostro di intelligenza, una mente moderna e anticipatrice, un formidabile in­terprete della verità del mondo alla luce non solo del­la fede e dello spirito cristiano. È anche un uomo di profondo e severo equilibrio, coraggioso e prudente, e il suo servizio alla Chiesa di Roma si è innestato su un grande ciclo apostolico, di valore prezioso per il mondo di fuori, per noi laici, a partire dal risorgimen­to cristiano giovanpaolino. Detto questo, il Papa re­gnante è un professore tra le nuvole, detto nel senso migliore e più bello dell’espressione, e non fa nulla per nasconderlo. Il governo tecnico della Chiesa e della Curia romana non è il suo mestiere, è un impe­gno al quale si sarebbe volentieri sottratto e in qual­che misura si sottrae, predicando la necessità di gui­dare una comunità universale di minoranza con la lu­ce della fede e le risorse della ragione, prendendo le mosse dalle istruzioni di un suo maestro che è Bona­ventura da Bagnoregio. Dunque?

Dunque è inutile meravigliarsi per come vanno le cose in Vaticano, per come è ferito lo spirito gerarchi­co della burocrazia curiale, per quante e quali sono le trappole, i trabocchetti, e anche le follie striscianti nei sotterranei della Santa Sede. Il vento scuote la Chiesa, ha detto il Papa confidando nella sua roccio­sità. E ha ragione. Il vento è maligno, mette in discussione tutto, la strate­gia­dei movimenti carismatici di fi­ne Novecento è insabbiata, l’ecce­zione italiana di una Conferenza episcopale capace di risultati è se­polta con la stagione irripetibile di Camillo Ruini, la segreteria di Sta­to è i­mpaniata in guerre e guerric­ciole sui quattrini, sullo stile di go­verno, sulle scelte di nomi e cari­che, trionfano piccole e grandi am­bizioni che si presentano, e non sa­rà la prima volta ma lo spettacolo è impressionante nel tempo della mediatizzazione universale in di­retta, nella forma più velenosa e svergognata.

Di più: l’orizzonte in cui si iscri­ve og­gi la vita apostolica a me sem­bra essere quello della reazione di­fensiva a una colpa percepita co­me dannazione di un’intera co­munità di fede, quella legata allo scandalo dei peccati carnali dei preti, che in realtà è la trasforma­zione del peccato ordinario degli uomini,inparticolare in un’era di pansessualità e di rigetto attivo e luciferino, orgoglioso, della casti­tà, in uno scandalo secolare dai contorni statistici sospetti, che na­sce dentro la lotta protestante con­tro l’ordine stesso, sacramentale, della Chiesa cattolica.

Un’offensiva secolarista di pro­porzioni inaudite, incarognita, che è arrivata fino allo scoperchia­mento delle tombe dei padri del Concilio alla ricerca di archivi del­la colpa, ha messo la Chiesa, per scelta anche lungimirante e com­prensibile del suo massimo pasto­re, in una condizione di espiazio­ne, di penitenza e di ricerca inte­riore ch­e ha i suoi splendori ma ri­chiederebbe una pace e un gover­no delle istituzioni che sotto la gui­da del segretario di Stato Bertone si sono rivelati impossibili. E sa­rebbero altrettanto controversi anche sotto altra guida istituziona­le.

A ciascuno il suo sogno, quindi, visto che la realtà offre loschi rac­conti intorno a oscuri scontri di po­tere.

Il mio sogno è che il Papa si di­metta, prendendo atto della sua magnifica vecchiaia, di una straor­dinaria missione compiuta, della situazione di forza spirituale in­concussa del suo animo, ma insie­me della necessità di un gesto di rinnovamento che sia centrato sul magistero e la decisione petri­ni, e che gli permetta di guidare una successione e un ricambio ca­paci, con l’assistenza del destino e dello spirito santo, di inaugurare un nuovo ciclo del cristianesimo moderno che faccia tesoro di quel­lo oggi al tramonto.

Se la Chiesa è semper reforman­da , ciò di cui ha oggi bisogno è un grande trauma papocentrico, una soluzione di continuità e un nuovo inizio.

Non per ballare il ballo del mon­do, non per introdurre nella Chie­sa, progetto grottesco, le procedu­re della democrazia secolare, ma per restituirsi un orizzonte, una presa sul futuro, una combattività spirituale e culturale che un nuo­vo pontificato, sotto l’onda di rot­tura di un grande ritiro, di un’abdi­cazione attiva e consapevole, può produrre.

Se c’è una cosa che è tipica di questo Papa è l’assenza di ogni pa­ura, la mobilità mentale e la capa­cità di leggere il mondo alla luce del suo stesso magistero, ed è da qui che si può ripartire, da un atto quasi metastorico, da un eremo in

cui Ratzinger scrive tranquillo il proprio percorso e i suoi libri, e un nuovo Papa organizza il riscatto della fede e della ragione cristiana nella tempesta di un secolo che della Chiesa intende con ogni mezzo sbarazzarsi.

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