Solo chiacchiere e distintivo

Immaginate di correre un'intera maratona, scattare in testa al gruppo, distrutti ma soddisfatti, con la fiaccola olimpica in pugno, a un passo dalla vittoria. D'un tratto, a dieci metri dal traguardo, scende giù Veltroni dalla tribuna vip, ancora con il popcorn in bocca: vi fa lo sgambetto, vi ruba la torcia, e s'infila la medaglia al posto vostro.
Questo, in sintesi, è ciò che è accaduto ieri nella grande maratona Alitalia. Un comportamento, quello del Pd, che non sappiamo a quale branca dello scibile ricondurre: parapsicologia, paracadutismo, o più volgarmente paraqualcos'altro. «Ho trattato io personalmente», si batte il petto il segretario appena tornato dalla vacanza negli States. Come un ragazzaccio che soffia al secchione il compito in classe spacciandosi per l'autore,
Veltroni e i suoi si pigliano il merito dell'accordo pur essendo sempre stati in disaccordo. Ricordate i coltelli che volavano all'annuncio della cordata di Colaninno? Proprio Uòlter il 28 agosto sparava le cannonate più pesanti: «Con questo piano avremo una compagnia di bandierina». E ancora: «È un pasticcio tra i più gravi della storia». Bersani la buttava sul gastronomico: «È uno spezzatino che ci porta dalla padella alla brace». E D'Alema rinforzava l'attacco alla festa del Pd di Firenze, tra una piadina e l'altra: «È un'operazione politica grave che lascia allibiti».
A restare allibiti, adesso, sono gli italiani, che assistono al magnifico voltafaccia veltroniano. Proprio lui, che nella recente missiva a Berlusconi andava parlando di «lavorare per il bene del Paese», adesso s'incorona da solo, neanche fosse il Napoleone della Garbatella. Una tuffo con piroetta e triplo salto mortale che resterà negli annali dello sport illustrato: prima si sono impiccati alla cordata, adesso ci si arrampicano sopra come sugli specchi. Prima l'hanno schifata in tutti i modi, adesso ne diventano i legittimi proprietari: come no. E pensare che solo il 12 settembre l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano faceva il battutaro su Colaninno: «Dopo i furbetti del quartierino, arrivano i furbetti dell'aeroplanino». Anna Finocchiaro evocava gli anni bui: «Quella su Alitalia è un'operazione di tipo autoritario». Enrico Letta ironizzava: «Siamo tornati alle partecipazioni statali di un tempo». Il deputato Luigi Zanda citofonava all'Antitrust: «Questo piano è una manifesta distorsione della concorrenza». Andrea Martella, ministro ombra alle Infrastrutture, prendeva colpi di sole: «Si tratta di un vero e proprio bluff». Mentre Michele Meta, capogruppo Pd in commissione Trasporti, si lasciava trasportare: «È solo un papocchio, un blitz di fine estate, dal piano industriale all'azionariato». E oggi? Non si sa con quale logica e con quale faccia, di quello che consideravano un papocchio il Pd si impanca a paladino.
Uno dice: si può fare di peggio? Certo, si può fare come Veltroni che ieri se ne esce dicendo che il governo «ha avuto un atteggiamento sgradevole, mentre la sinistra è stata molto anglosassone». Più che anglosassone verrebbe da dire newyorkese, visto che Walter la vicenda Alitalia l'ha gestita gradevolmente dalla Grande Mela, dove era impegnato a presentare il suo fighissimo romanzo, tra feste i rinfreschi chic. Altro che esuberi, insolvenze e contratti di lavoro. L'unico problema per lui era un altro: comincio con un prosecchino o vado dritto sulle pizzette? Il tempo di addentare una tartina al salmone, accusare il governo di dilettantismo, e tracannare l'ultimo cocktail, e poi via: con la giacca ancora impolverata di salatini, di corsa in patria a bullarsi di meriti che non ha. Di corsa a dipingersi in fretta e furia il ruolo di «negoziatore», quando l'unica cosa che ha negoziato in questi giorni, è stato l'armistizio (almeno fino a domani) con le falangi del partito che vogliono fargli la pelle.
Eppure la tiritera è questa: «La cordata della compagnia è merito nostro» esultano i democratici. Che poi, fosse per loro, la famosa cordata colaninniana neanche esisterebbe. Quel Veltroni che oggi fa il re della cordata il 28 maggio diceva: «La cordata è una balla». Quel Bersani che oggi autoelogia la sua parte, a luglio diceva: «Sulla cordata non si sa che pesci prendere». Si accodò Rosy Bindi: «La cordata? È semplicemente un depistaggio elettorale».
Risultato? Indovinate chi sono i veri depistati, gli autentici Nostradamus alla rovescia.

A dispetto della valanga di parole gettate al vento in questi mesi, oggi non solo esiste una cordata italiana, ma esiste pure un futuro (magari faticoso, ma un futuro) per la nostra compagnia di bandiera. Anzi, visti i suddetti penosi strascichi, tanto vale tagliare la testa al toro: chiamiamola pure compagnia di rubabandiera.

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