Lo stato cinico della Fornero ha rotto il patto con i cittadini

Non esistono tasse belle, e tanto meno bellissime (per dirlo alla Tommaso Padoa-Schioppa)

Lo stato cinico della Fornero ha rotto il patto con i cittadini
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Non esistono tasse belle, e tanto meno bellissime (per dirlo alla Tommaso Padoa-Schioppa). Esattamente come non esistono tasse brutte. Le tasse o sono eque o sono ingiuste. E questo dovrebbe capirlo anche un'economista come Elsa Fornero che ieri sulla Stampa ha definito l'idea dello Stato amico un'illusione e liquidato la riforma tributaria del governo come una «meschina tattica di chi non ha il coraggio di ricordare apertamente che in questo nostro povero mondo non vi sono pasti gratis». È vero: servono fondi per tutto. Non può essere una scuola amica quella che cade a pezzi; quella che non ha un corpo docenti al passo coi tempi; quella che non è in grado di formare gli studenti. E non può nemmeno essere una sanità amica quella che ha liste di attesa infinite; quella che ha strutture fatiscenti e macchinari antiquati; quella che abbandona i pazienti nei corridoi dei pronto soccorso. Epperò c'è un problema strutturale se lo Stato è diventato un'idrovora senza fondo, indipendentemente dal gettito versato. Anzi: più soldi gli vengono dati più lo sperpero è elevato. Non è però un'utopia, un'illusione (per dirlo con le parole della Fornero), ripensare lo Stato. Da nemico ad amico. Ma, prima di tutto, per recuperare quel patto di fiducia che deve esserci con ogni italiano che paga le tasse, lo Stato, per essere amico, deve partire dalla pressione fiscale.

Non è, infatti, un Fisco amico quello che ghigliottina lo stipendio di un lavoratore dipendente o stritola un imprenditore in difficoltà; quello che ha aliquote disumane e sproporzionate ai servizi erogati; quello che fa pagare le tasse più volte sullo stesso bene. Certo, nessun pasto è gratis. Ma non deve nemmeno essere un salasso. Altrimenti diventa un furto di Stato. O peggio: un pizzo.

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