Dura lex sed lex. La decisione della Procura di Padova di impugnare le 33 iscrizioni all’anagrafe di bambini di coppie gay registrate dal sindaco Sergio Giordani dal 2017 ad oggi, perché è illegittimo considerare anche il nome della mamma non biologica, si intreccia con la battaglia in Parlamento contro la cosiddetta «maternità surrogata» o utero in affitto, all’esame di Montecitorio. Una odiosa pratica sul corpo delle donne che Giorgia Meloni considera «reato universale», come prevede il testo presentato alla Camera dalla capogruppo FdI in Commissione Giustizia, Carolina Varchi., che sarà votato la prossima settimana. La legge 40 del 2004 sulla procreazione assistita (demolita dalla giurisprudenza creativa su diagnosi pre-impianto e fecondazione eterologa) già vieta espressamente il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie dello stesso sesso. Il Pd è spaccatissimo ma la Schlein è favorevole, come +Europa e grillini. C’è chi chiede che il reato venga depenalizzato e che venga riconosciuto il «matrimonio egualitario» con il conseguente accesso alle adozioni, come previsto per le coppie eterosessuali. Un oggettivo vuoto legislativo, di difficile «gestazione», per le pronunce in parte contraddittorie tra Cassazione, Corte Costituzionale e Parlamento europeo. Se è vero che l’Europa nel 2021 ha chiesto a tutti i Paesi di riconoscere le unioni tra persone dello stesso sesso registrate negli Stati membri, è altrettanto vero che una sentenza del 30 dicembre 2022 delle Sezioni Unite della Suprema Corte stabilisce che solo il genitore biologico può essere registrato sul certificato di nascita formato in Italia.
Un’impostazione figlia di un dettato costituzionale sostanzialmente irriformabile - come ha confermato nei giorni scorsi la presidente della Corte costituzionale Silvana Sciarra - visto che «il diritto di famiglia non è fra le materie di competenza europea».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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