"La strage di via Rasella pagina poco gloriosa". La Russa subito linciato

L’Anpi e la sinistra insorgono, ma l’attentato ai tedeschi fu criticato anche da Pannella

"La strage di via Rasella pagina poco gloriosa". La Russa subito linciato

Dopo 79 anni dalla bomba che uccise i 33 altoatesini del reggimento Bozen, i sampietrini di via Rasella sono ancora scivolosi per chiunque, da qualsiasi posizione, provi a rimetterci piede. Ieri è toccato al vicepresidente del Senato, Ignazio La Russa. Uno le cui parole, tanto più da quando ricopre la seconda carica dello Stato, vengono pesate con certosina accuratezza soprattutto dall'opposizione, ma che difficilmente sceglie la strada più prudente o diplomatica. La sua lettura degli eventi del 23 marzo 1944 nella stretta strada che porta da via del Traforo a via delle Quattro Fontane, nel centro di Roma, va in scena nel podcast del quotidiano Libero, Terraverso. Commentando le polemiche per le parole di Giorgia Meloni sui caduti delle Fosse Ardeatine uccisi «perché italiani», La Russa osserva: «Furono uccisi per rappresaglia a quello che i partigiani avevano fatto in via Rasella». Il condirettore di Libero Piero Senaldi osserva come l'attentato non sia stata «la più nobile» pagina della Resistenza. La Russa conferma: «No, tutt'altro». E aggiunge: «Quelli che vennero uccisi non erano biechi nazisti delle SS ma una banda musicale di semipensionati altoatesini». In realtà avevano compiti di polizia, non musicali, e il più vecchio era 42enne. A confondere La Russa forse è il dettaglio, riportato nelle ricostruzioni dell'attentato, che i soldati stessero cantando una marcetta, Hupf, mein Mädel, «salta, ragazza mia». A saltare per aria per l'esplosivo piazzato dai gappisti in un carretto lungo la strada fu invece la colonna tedesca. L'uscita di La Russa, però, fa lo stesso rumore di un'esplosione. E innesca una polemica rovente. «Parole indegne per l'alta carica che ricopre», ringhia l'Associazione nazionale partigiani. «Parole indecenti e inaccettabili», rilancia la segretaria Pd Elly Schlein, mentre Francesco Boccia, critica un «esempio di revisionismo storico che sposa il punto di vista dei fascisti», e al fuoco di fila si uniscono tra i tanti Fassino, Furfaro, Serracchiani, Zan e Zingaretti. Insorge Pierluigi Bersani e anche il leader di Si, Nicola Fratoianni, che invita La Russa a «parlare di meno e a studiare di più, almeno la storia». Piovono strali da M5s, con Francesco Silvestri parla di «rigurgiti ideologici», e da Azione, con Calenda («Inadeguato») e Osvaldo Napoli («Danneggia la credibilità dell'Italia»), mentre Iv propone di dedicare all'ideatore dell'attentato, Mario Fiorentini, uno slargo di via Rasella e il segretario di +Europa, Riccardo Magi, bolla l'uscita come «un mix di falso storico e mancanza di senso dello Stato e della democrazia». La Russa si limita a specificare di non aver definito quella pagina di storia «ingloriosa, bensì 'tra le meno gloriose della resistenza'». Ma il potere divisivo di quel blitz non è storia di oggi. Lo criticò apertamente Marco Pannella, finendo all'indice come «fascista» per aver paragonato l'attentato al terrorismo degli anni di piombo. Lo ricorda anche Giampiero Mughini, in un articolo di agosto scorso sul Foglio nel quale il giornalista sostiene che - pur essendo lui amico di Fiorentini e dello stesso Rosario Bentivegna, il gappista che accese la miccia - «la bomba di via Rasella contro i nazi fu un errore, con buona pace dell'Anpi».

Non servì militarmente, spiega Mughini. E uccise «truppe di seconda fila, gente che aveva appena concluso il suo addestramento militare». Un giudizio non tenero. Che però Mughini, con un passato di colore diverso da La Russa, s'è potuto permettere.

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