Roma - Chiusura di campagna elettorale col botto. Marino continua a sventolare il suo slogan preferito: meritocrazia e trasparenza. Peccato che proprio i giornali delle ultime settimane abbiano tirato fuori le punte di un iceberg (la parentopoli rossa) che durante le giunte Rutelli-Veltroni ha conosciuto dimensioni quasi elefantiache. E peccato che in tema di trasparenza il chirurgo genovese abbia poco da insegnare e molto da apprendere, visto che è scivolato su un incidente. Magari piccolo, ma significativo per chi fa del rigore una bandiera. Il caso che proponiamo riguarda la onlus Imagine che si occupa di garantire il diritto alla salute nei Paesi in via di sviluppo. Il presidente è proprio Ignazio Marino e già nella home page del sito della onlus campeggia un invitante slogan sulla trasparenza come «principio irrinunciabile». Peccato che nel 2012 un tecnico informatico, collaboratore degli uffici romani, sia stato pagato con assegni intestati ad altri (i cui nomi e gli estremi dei codici fiscali sono poi risultati inesistenti) per evitare eccessivi carichi fiscali all'associazione. Si dirà che è quasi un peccato veniale se confrontato a quanto si legge ogni giorno sui giornali. Però chi vuole amministrare una grande realtà come Roma, dovrebbe essere più attento a cosa firma. «Leggo allibito sul web (il sito Affaritaliani che riporta con dovizia di dettagli la storia, ndr) degli incredibili pasticci compiuti da Marino nella sua onlus - commenta il senatore Pdl Andrea Augello - assunzioni fantasma, false rendicontazioni, assegni intestati a persone inesistenti, false rappresentazioni contabili. Come direbbe Marino, per cose del genere in un paese anglosassone lui dovrebbe ritirare la sua candidatura». E lo stesso Marino evita poi di controllare anche la veridicità delle accuse che i suoi sostenitori lanciano contro il suo avversario. Insomma dalla legittima accusa alla macchina del fango il passo è lungo ma Marino non si accorge di questa distanza. E lo scivolone sulla foto di Alemanno con un presunto boss del clan Casamonica è soltanto l'ultimo esempio. Si tratta di una foto scattata nel 2010 dove si vede il sindaco a fianco di una persona poi identificata come Luciano Casamonica, boss pregiudicato dell'omonimo clan. È bastato un niente per scatenare un coro di proteste da parte di esponenti di Sel e del Pd. La macchina del fango, però, non ha funzionato e lo scandalo si è rivelato un pietoso fuoco di paglia. Nel giro di 24 ore è venuta fuori la verità. La foto è stata scattata durante una cena dove erano presenti anche alcuni consiglieri comunali del Pd. Si trattava di un appuntamento organizzato dall'associazione «29 giugno» che si occupa di assistere ex detenuti e portatori di handicap. E il personaggio fotografato è risultato poi essere solo un omonimo del Casamonica indicato dagli indignati censori del Pd. «Odiosa marmaglia» è l'unico modo, secondo Francesco Storace, per definire questi improvvidi censori. «A quella cena c'era pure il capogruppo in Campidoglio del Pd Umberto Marroni - spiega il leader della Destra -. Adesso Marino deve come minimo alzare il telefono per scusarsi con Alemanno». Cosa che Marino ha fatto ieri sera nel corso del confronto su Skytg24. Insomma la campagna elettorale di Marino, come chiosa Altero Matteoli, si è chiusa in «modo disonorevole». Che la reazione dei sostenitori del sindaco sia sdegnata è naturale. Però nel coro di proteste segnaliamo il lamento mesto proprio dei responsabili dell'associazione e del Garante dei detenuti del Lazio. «Sono rammaricato - spiega il Garante Angiolo Marroni - che si sia speculato sull'iniziativa di un'associazione che svolge un delicato intervento di recupero sociale».
Nel confronto su Sky Marino è tornato a riproporre la chiusura dei Fori imperiali e la «cura del ferro» per i trasporti, mentre il sindaco punta sullo sviluppo economico e grandi opere per rilanciare l'occupazione.
Sull'Imu altra divisione: il sindaco la vuole togliere mentre Marino la vuole commisurata al reddito e non ai dati catastali. Divisione netta (e prevedibile) sulle nozze gay che Alemanno boccia senza appello.
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