Terremoto tangenti a Venezia: arrestato il sindaco Pd Orsoni

Per la Procura 25 milioni di euro destinati al Mose sono finiti nelle casse dei partiti. Richiesta di custodia cautelare per l'azzurro Galan, 35 in manette e oltre 100 indagati

Terremoto tangenti a Venezia: arrestato il sindaco Pd Orsoni

Un'inchiesta avviata dalla procura di Venezia tre anni fa. Si era scoperto che almeno 20-25 milioni di euro destinati alla realizzazione del Mose, il gigantesco sistema di dighe mobili che salverà Venezia dall'acqua alta, avevano preso la via della Svizzera e di San Marino. In pratica, un gruppetto di manager e imprenditori, in testa l'ex superdirigente della Mantovani Piergiorgio Baita, il colosso delle costruzioni già pizzicato per gli appalti dell'Expo di Milano, aveva messo da parte un tesoretto di fondi neri per foraggiare la politica. Ora proprio i legami con il potere emergono con la nuova tranche dell'indagine che provoca una valanga di 35 arresti, un centinaio di indagati e un terremoto senza precedenti. Finisce ai domiciliari il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, Pd. Vanno in carcere, fra gli altri, l'assessore regionale alla mobilità Renato Chisso, Forza Italia, l'ex comandante in seconda della Guardia di Finanza Emilio Spaziante, l'amministratore delegato di Palladio finanziaria Roberto Meneguzzo, Giampietro Marchese, consigliere regionale del Pd. Non solo: parte una richiesta di arresto per l'ex ministro ed ex governatore della regione Veneto Giancarlo Galan, tuttora senatore e dunque coperto dall'immunità e per l'europarlamentare uscente Lia Sartori, Forza Italia. Tangenti trasversali, dunque, destinate ala destra e alla sinistra, sotto la regia del dominus del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati, il burattinaio delle mazzette, già arrestato in un precedente troncone dell'inchiesta lo scorso anno.

Le accuse, raccolte in un'ordinanza di 700 pagine, vanno dalla corruzione al finanziamento illecito, dalle false fatturazioni ala violazione del segreto d'ufficio, fino al millantato credito e al favoreggiamento. La foto d'insieme sembra simile a quella scattata dalla magistratura milanese per l'Expo, solo che qui siamo più avanti: le solite grandi imprese che vincono i soliti grandi appalti avrebbero, il condizionale in questa fase è d'obbligo, favorito anche i big della politica, destinando loro stecche milionarie. In conferenza stampa, il procuratore aggiunto Carlo Nordio, ai tempi di Tangentopoli titolare di una delicatissima e controversa inchiesta sulle tangenti rosse, allarga le braccia sconsolato: «Le forze politiche non hanno imparato nulla dal passato. Se devi bussare a cento porte invocando cento leggi diverse per ottenere un provvedimento è quasi inevitabile che qualcuna resti chiusa e qualcuno ti venga a dire che devi imparare a oliarla». Insomma, finché le gare e gli appalti saranno condotti in modo tortuoso e farraginoso, gli amici degli amici troveranno sempre il modo di mettere le mani sulla torta. Poi Nordio aggiunge un altro dettaglio allarmante: «In alcuni casi abbiamo trovato gli stessi protagonisti degli anni Novanta». Proprio come a Milano, con i Frigerio e i Greganti.

Ma nella cupola del Mose c'era spazio per tutti: vengono arrestati anche due ex magistrati alle acque, Patrizio Cuccioletta e Maria Giovanna Piva, e un magistrato della corte dei conti, Vittorio Giuseppone, tutti a libro paga dei signori delle tangenti.

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