La toga grida al complotto e vuole il Giornale in "cella"

Mentre il direttore Sallusti rischia di finire in carcere, l'ex Pm di Bari Scelsi vuole incastrare i suoi cronisti con i tracciati dei telefonini. Ma la Procura di Lecce dice che non c'è intrigo

Giuseppe Scelsi, pm della Procura di Bari
Giuseppe Scelsi, pm della Procura di Bari

C'è chi la cella (a San Vittore) l'ha voluta per Alessandro Sallusti, e c'è chi invece la cella (telefonica) vuole analizzarla, confrontarla e sovrapporla per dimostrare d'essere vittima di un complotto mediatico, ordito da chi vi scrive. Parliamo di Pino Scelsi, ex pm barese, celebre per la sua indagine sulla D'Addario e sul filone delle escort portate da Tarantini alla residenza romana di Berlusconi, poi passato come sostituto pg alla Corte d'Appello di Bari. Il magistrato mesi fa aveva presentato alla procura di Lecce un esposto, ipotizzando un «complotto politico-mediatico-giudiziario», teso a screditarne, grazie a un'unica regia, il lavoro d'indagine. Nell'esposto, Scelsi suggeriva il coinvolgimento di un «pubblico ufficiale quale unica fonte» di più giornalisti. L'ardita ipotesi è stata affondata sul nascere dalla procura salentina che ha chiesto l'archiviazione, ricordando che «nessuno dei fatti esposti da Scelsi ha rilievo penale» e che «tali fatti, quand'anche accertati, non sono significativi di quanto da lui prospettato con una lettura soggettiva, in termini che non possono avere diritto di cittadinanza in sede penale». E dunque, continuano i magistrati leccesi, «in assenza di concreti elementi indicativi, nessuna congiura ai danni di Scelsi è ravvisabile nella sua esposizione dei fatti». Quanto a una serie di accertamenti d'indagine che Scelsi nell'esposto aveva chiesto alla procura di Lecce, quest'ultima decide di soprassedere, perché non «vi è necessità di svolgerli», in quanto anche se dimostrate, le circostanze delle quali Scelsi cercava riscontri, per le toghe salentine, sono comunque «irrilevanti e inidonee a provare comportamenti» tali da dimostrare l'esistenza della congiura.
Ma Scelsi non ci sta. E si oppone all'archiviazione con una memoria supplementare, nella quale lamenta la mancata effettuazione di una serie di accertamenti «invasivi» su quattro giornalisti. I due che firmano questo articolo, Giacomo Amadori di Panorama e infine una giornalista della testata BariSera. Una volta di più, Scelsi ripropone la sua idea di una regia unica per il «complottone», e si dice certo che sarebbe bastato «accertare i contatti» dei giornalisti, «acquisire le celle occupate dalle utenze» degli stessi nell'imminenza degli articoli «incriminati» e, infine, verificare presso il comando e il corpo di guardia della scuola allievi ufficiali della Gdf di Bari (luogo in cui «erano concentrati gli atti d'indagine in materia di Sanità» baresi) «gli ingressi dei giornalisti D'Arenzo, Amadori, Malpica e Chiocci, gli orari di ingresso e di uscita, le ragioni della presenza e della permanenza nella struttura, eventuali relazioni di servizio redatte in merito». Tutto ciò, spiega il magistrato complottista, perché a suo parere «è evidente che l'eventuale individuazione di una comune fonte di informazioni illecite per tutti i citati giornalisti, in prossimità delle notizie diffamatorie pubblicate, renderebbe di fatto concreta l'ipotesi del “complotto mediatico”».
Posto che i contatti tra i giornalisti non sono (ancora) reato, e posto che almeno per chi scrive non c'è alcuna «fonte unica» di notizie, tantomeno illecite, sorge il sospetto che a muovere Scelsi sia un certo fastidio per gli articoli scritti dai cronisti da lui citati. Amadori, su Panorama, ha ipotizzato l'esistenza di un complotto «al contrario», ordito contro Berlusconi da un gruppo di avvocati, magistrati e notabili baresi. La D'Arenzo, oltre al suo lavoro di redazione, collabora con il procuratore capo di Bari Antonio Laudati, e in questa veste funge spesso da interfaccia con decine di giornalisti di ogni testata. Chi scrive, poi, ha raccontato in più occasioni alcune anomalie delle indagini baresi, molte delle quali riguardanti proprio Scelsi. Le intercettazioni di conversazioni del fratello medico di Scelsi, Michele, per esempio, che pur mai indagato era finito ascoltato da un altro pm barese, Desirée Digeronimo, mentre chiacchierava con l'assessore alla Sanità Alberto Tedesco, lui sì indagato. E anche la controintercettazione disposta d'urgenza da Scelsi, che per «ripicca» (così scrive la procura di Lecce) chiese di mettere sotto controllo il telefono di un'amica della Digeronimo, per registrare la voce della collega, sperando di costringerla ad astenersi. L'elenco comprende anche il tentativo di «avvicinamento» a Scelsi da parte del senatore Pd Alberto Maritati, ex magistrato, che il dalemiano De Santis aveva spedito per raccogliere - invano, peraltro - informazioni sulla nascente indagine su Tarantini. Tutti elementi che emergono dagli atti giudiziari. Notizie vere e verificate, non certo pezzi di un complotto inesistente.

Giornalisti ed editori insieme contro il ddl sulla diffamazione alla vigilia del voto finale a Palazzo Madama, previsto per oggi. Rinviato lo sciopero, proclamato per oggi, dopo la lettera del presidente del Senato Renato Schifani, la Fnsi, il sindacato dei giornalisti, e la Fieg, la Federazione degli editori, scendono in campo insieme per chiedere il ritiro del provvedimento. «Il testo che va al voto dell'Aula del Senato – è l'appello congiunto – non riesce a bilanciare il diritto dei cittadini all'onorabilità e il diritto-dovere dell'informazione a cercare e proporre, con lealtà, verità di interesse pubblico». Fieg e Fnsi ricordano i profili di incostituzionalità del testo sollevati dal governo e tuonano: «Si tratta di una pessima legge che introduce norme assurde: le ragioni della protesta e la richiesta di ritiro sono condivise da Fieg e da Fnsi. Gli editori e i giornalisti concordano sulla necessità di tutelare la dignità delle persone, tutela che si deve realizzare con azioni tese a sostenere un giornalismo etico e responsabile. Nessuna legge che abbia come sanzione il carcere lo può alimentare. In questo modo, invece, si introducono solo elementi di condizionamento, di paura per la possibile esplosione di querele temerarie e di controllo improprio che non possono essere condivisi». Fieg e Fnsi si dicono d'accordo con l'introduzione di «equilibrate sanzioni economiche».

E «rivolgono un appello estremo al Parlamento e alle forze politiche perché si evitino soluzioni non appropriate. L'Italia - concludono - deve restare in linea con i principi del diritto europei delle nazioni più evolute».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica