«Il tema della libertà religiosa sarà centrale nel Conclave». Non ha dubbi Massimo Introvigne, sociologo, coordinatore dell'Osservatorio sulla Libertà Religiosa del Ministero degli Esteri e fondatore del Centro studi sulle nuove religioni (Cesnur). «Non solo perché stiamo attraversando un'epoca di persecuzione dei cristiani, sia cruenta e sanguinosa, come in Africa e in Asia, sia culturale nell'Occidente. Ma anche perché è l'anello di congiunzione che collega tutti gli altri aspetti fondamentali su cui dovranno riflettere i cardinali che avranno l'arduo compito di eleggere il nuovo Papa. Da quello teologico, l'interpretazione del Concilio Vaticano II, all'interno del quale proprio la nozione di «libertà religiosa» è la più delicata e problematica, al rapporto con la politica con il rilancio portato avanti da Benedetto XVI della Dottrina sociale della Chiesa (e i principi «non negoziabili» - vita, famiglia ed educazione - della Caritas in Veritate), fino alla lettura morale della crisi economica».
Lei ha fatto riferimento alle persecuzioni contro i cristiani. Che dimensioni ha questo fenomeno oggi?
«Ovviamente il problema riguarda tutte le religioni, ma le statistiche ci dicono che sono proprio i cristiani a subire maggiormente queste violenze. Secondo l'Istituto più importante in materia, quello fondato da David Barrett, i cristiani uccisi nel mondo per la loro fede sono infatti 105.000 all'anno. In pratica uno ogni cinque minuti».
Si può parlare di emergenza in questo senso?
«Più che di emergenza parlerei di genocidio, anche se silenzioso. I media infatti si interessano dell'argomento solo in presenza di gravi attentati. Questo stillicidio di morte però continua indisturbato».
E chi sono i colpevoli di questo genocidio?
«Direi che si possono dividere in tre famiglie: l'ultra-fondamentalismo islamico (con epicentri in Nigeria, Sudan e Pakistan), i superstiti dei regimi comunisti (in proporzione al numero degli abitanti il triste primato spetta alla Corea del Nord) e fenomeni etnonazionalistici come quelli che si registrano in India».
Da quanto dice sembra però che l'attenzione al tema all'interno della Chiesa sia diversa. Quanto peserà secondo lei sulla scelta del nuovo Pontefice?
«Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sono stati infaticabili sull'argomento e credo che sarebbe inconcepibile un pontificato che non metta al centro la questione in linea con questi illustri predecessori. Anche perché su questo il consenso è stato corale. D'altro canto però si tratta di una tematica delicatissima anche a livello teorico e diplomatico».
Cosa intende dire?
«Da un lato denunciare le persecuzioni in alcuni casi è come sventolare uno straccio rosso davanti al toro della persecuzione.
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