Veti, telefonate e "piani B". La giornata di paura di Ncd

Gli alfaniani temono di essere schiacciati dall'asse Renzi-Cav sulla legge elettorale Poi però incassano la soglia più alta per il premio e le candidature in più collegi

Veti, telefonate e "piani B". La giornata di paura di Ncd

Roma - Una nottata di veti, paure, discussioni e improbabili «piani B» da proporre a Matteo Renzi. Le ultime telefonate che regalano conferme su una limitata riduzione della soglia di sbarramento dal 5 al 4,5%. La rassicurazioni sul mantenimento della candidatura multipla. E alla fine l'accordo, sottoscritto non senza riserve dal Nuovo Centrodestra.

Nel quartier generale alfaniano si respira un clima a metà tra il timore e la preoccupazione per la tenuta dell'asse di ferro Berlusconi-Renzi e il sollievo per aver disinnescato le ipotesi di riforma più esplosive per una forza medio-piccola. Certo non si respira più il nervosismo di inizio giornata quando Gaetano Quagliariello era tornato ad agitare le ultime minacce. «Non accetteremo una legge elettorale Vampirellum nella quale i partiti più forti succhiano i voti di quelli più piccoli. La riforma non si fa in due persone, tra Renzi e Berlusconi. Se lo faranno, la riforma verrà bocciata al primo voto segreto in Parlamento», il monito mattutino del ministro delle Riforme. Qualche passo in avanti c'è stato, anche attraverso i contatti telefonici mattutini Alfano-Renzi. Ma al contempo cresce la consapevolezza che adesso ci si espone al rischio di un «blackout» governativo, ovvero alla possibilità che Renzi possa staccare la spina. Perché prima viene concluso l'iter della legge elettorale, prima si rischia di tornare al voto.

Nell'ottica degli alfaniani il computo finale dei «pro» e dei «contro» rispetto alla bozza finale della legge elettorale è in sostanziale equilibrio. È stata disinnescata la prima ipotesi di lavoro, il sistema spagnolo puro che avrebbe pressoché cancellato le forze minori, trasformandosi in una sorta di flagello spazza-piccoli partiti. La soglia sopra la quale scatta il premio di maggioranza è stata portata dal 35 al 37%, aumentando così il potere contrattuale dei «piccoli» in vista di un ipotetico secondo turno. E, soprattutto, è stata mantenuta la possibilità - su diretta richiesta degli alfaniani - per un singolo candidato di presentarsi in un numero limitato (3 o 4, il punto rimane da definire) di collegi. Un paracadute prezioso per chi non può avere la sicurezza di passare la soglia del 4,5% su tutto il territorio e allora punta a costruire un ventaglio di scelte per i leader del partito (a quel punto starà a loro giocarsi i jolly e azzeccare i collegi con maggiori possibilità di riuscita).

Esaurite le luci, si passa alle ombre. Ncd non ottiene le preferenze, strumento popolare ma su cui gli alfaniani non appaiono disposti a dissanguarsi. Inoltre nella bozza resiste la già citata soglia del 4,5% una barriera poco rassicurante tra coloro che non si fidano dell'ebbrezza dei primi sondaggi e invitano al realismo. Il problema è che al dibattito parlamentare si andrà sostanzialmente bendati, ovvero senza essersi mai sottoposti a veri test elettorali. E difficilmente, si fa capire dentro Ncd, i mugugni della sinistra Pd finiranno davvero per tradursi alla Camera in una resistenza organizzata, capace di limare ulteriormente questo sbarramento.

In sostanza la prefigurazione delle forche caudine parlamentari - una ipotesi già presa in esame la scorsa settimana nel corso della riunione dei gruppi di Ncd quando era stato detto in maniera esplicita che «piuttosto che lasciarci uccidere si fa cadere il governo e si torna al voto» - potrebbe rivelarsi un'arma spuntata. Perché far saltare il banco adesso, dopo un accordo sottoscritto dai due principali partiti e con l'accoglimento parziale delle istanze dei «piccoli», potrebbe diventare un gioco rischioso.

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