Video smonta la prova regina: l'Ilva non ha corrotto il perito

Per l'accusa le immagini dimostravano la consegna di una mazzetta da parte di un dirigente. Ma una volta "ripulite" si vede che si tratta solo di un foglio

Emilio Riva, proprietario dell'Ilva
Emilio Riva, proprietario dell'Ilva

Ciak, buona la seconda. Nel senso che è da cestinare la prima versione del video girato il 26 marzo 2010 a una stazione di servizio lungo l'autostrada Bari-Taranto che dimostrerebbe «oltre ogni ragionevole dubbio» il passaggio di una mazzetta da 10mila euro tra l'ex responsabile delle relazioni istituzionali dell'Ilva, Girolamo Archinà, e il perito della procura Lorenzo Liberti. Già perché dopo un'attenta e approfondita «pulitura» digitale del filmato - considerato la prova regina dell'intera inchiesta - da parte dei consulenti tecnici della difesa, è apparso quel che i due attori di quella presunta corruzione vanno dicendo sin dall'inizio. E cioè che nessuna busta con i soldi passa da una mano all'altra, ma dalla tasca del primo esce invece un foglio bianco, piegato, che viene aperto, letto dal secondo, commentato a lungo e sbandierato tra i due, senza quella cautela che ci si aspetterebbe con una mazzetta da far scivolare velocemente da una tasca a un'altra. Il tutto, poi, nel parcheggio antistante il distributore di benzina. Le sequenze, filtrate e depurate dai disturbi video, diventano più «esplicite» ingrandendo al massimo quei fotogrammi (sul sito del Giornale trovate una versione media). Intorno al minuto e mezzo, su 2 minuti e 20 secondi di video depositato agli atti, Archinà tira fuori il foglio (non la busta) che resta visibile all'occhio della telecamera per circa quaranta secondi. Oltre a essere chiaro che non si tratta di una busta stracolma di banconote (il foglio fluttua leggero nel vento quando viene agitato dai due che gesticolano mentre chiacchierano) viene da chiedersi quale corrotto e quale corruttore discorrerebbero amabilmente ostentando il corpo del reato invece di metterlo subito al sicuro da occhi indiscreti, elettronici e umani.

Sembra così crollare inesorabilmente la prova regina che vede attualmente in carcere Archinà e Liberti ai domiciliari. Quel video è infatti il solo asso nella manica della Procura che non saprebbe come altro dimostrare passaggi e dazioni di denaro nell'indagine sull'Ilva. Ma quell'asso rischia di essere un bluff scoperto. L'aveva già indebolito la versione ondivaga dell'ex vescovo di Taranto, ossia colui a cui - secondo Archinà - erano destinati i 10mila euro effettivemente prelevati in cassa come ogni anno prima di Pasqua. Il vescovo, entrato in contrasto con il suo segretario (finito indagato) non è stato molto chiaro sull'entità e la periodicità degli oboli. Per questo l'avvocato Giandomenico Caiazza, difensore di Archinà, lo ha recentemente ascoltato a lungo nel corso delle indagini difensive. Il Riesame, come noto, ha salvaguardato il teorema dei pm su ciò che quel video mostrerebbe, e che in realtà non dimostra affatto. Eppoi, se l'Ilva avesse voluto foraggiare il perito Liberti per ammorbidirne il giudizio nei confronti dell'acciaieria, avrebbe potuto gonfiare la parcella dovuta alla società di consulenza di cui lo stesso Liberti era socio occulto, rendendo meno visibile il passaggio di una eventuale mazzetta rispetto alla curiosa, imprudente modalità che Archinà avrebbe scelto: in pieno giorno e a favore di telecamera, sventolando la busta con i soldi per un tempo a dir poco irragionevole. A fronte di una richiesta di revoca degli arresti domiciliari avanzata dai difensori dell'ex patron dell'Ilva Emilio Riva, del figlio Nicola e dell'ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso, il pg della Cassazione ha sollecitato il rigetto dei ricorsi tesi a ribaltare
l'ordinanza d'arresto del 26 luglio scorso.

L'avvocato dei Riva, De Luca, ha fatto presente come la misura restrittiva non abbia più ragion d'essere in quanto nessuno degli indagati riveste più incarichi societari e dunque non è ipotizzibile il rischio di reiterazione del reato «considerando anche che il garante dell'Aia è l'ex procuratore generale della Suprema Corte, Vitaliano Esposito».

gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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