Vietato scrivere terrorista

Gli ermellini: "Il pubblico ed improprio collegamento tra le due informazioni si risolve in un'illecita lesione del diritto alla riservatezza"

Vietato scrivere terrorista

Vietato scrivere la parola terrorista. Il confine dell'ipocrisia è stato spostato in avanti da una sentenza della Corte di Cassazione. Il passato scomodo si ripulisce con un colpo di spazzola, si sbianchetta dalle pagine dei giornali. Un'amnistia della memoria sancita tramite sentenza. Il diritto all'oblio è, di fatto, esteso anche ai terroristi.

La terza sezione civile della Cassazione ha confermato il risarcimento danni - 30mila euro - riconosciuto dalla Corte d’appello di Milano a un ex militante di Prima linea. Il danno subito dall'ex militante? Due articoli pubblicati da un quotidiano locale, diffuso nella provincia di Como, nel 1998, molto tempo dopo gli "anni di piombo". Articoli in cui si ricordavano i suoi trascorsi tra le fila dell'associazione armata di estrema sinistra. "In tema di diffamazione a mezzo stampa - questo è il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte - il diritto del soggetto a pretendere che proprie, passate vicende personali siano pubblicamente dimenticate trova limite nel diritto di cronaca solo quando sussista un interesse effettivo ed attuale alla loro diffusione", nel senso che "quanto realmente accaduto trovi diretto collegamento con quelle vicende stesse e ne rinnovi l’attualità". Quindi? Un ex terrorista può essere definito terrorista solo quando reitera il reato? Non si sa.

Rimane solo il dubbio che si debba tacere un particolare, non indifferente, della vita di una persona. Il passato da terrorista si può anche sbianchettare. Ma il dolore dei familiari delle vittime, quello, è indelebile.

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