«Io, mamma di serie B dimenticata dal Comune»

Vedova con un figlio cerebroleso non ottiene aiuto a Cogoleto

R.C. è una donna separata che, dopo la morte del marito, vive in un piccolo appartamento di Cogoleto insieme al figlio celebroleso dodicenne e alla figlia di quattro anni avuta da un altro compagno. É una donna sola e si sente una mamma di serie B. Perchè il Comune nel quale vive «poco o nulla fa per alleviarne le pene, mentre tanto ha fatto o ha cercato di fare per la piccola Maria, mostrando in quel frangente una grande sensibilità». L’odissea della donna, quarantunenne, ha inizio nel 1995 quando a seguito di uno spaventoso incidente in sopraelevata perde suo marito, mentre lei finisce in coma riportando fratture multiple al bacino, trauma cranico e toracico e l’amputazione della mano destra.
Quando si risveglia dal coma apprende di portare in grembo un bambino che non vedrà mai suo padre: Michele (nome di fantasia). Al momento di nascere il bimbo presenta un quadro di cerebropatia con grave tetraparesi spastico - distonica. Oggi ha quasi 12 anni, sta crescendo velocemente e il suo accudimento comporta da parte della madre sforzi fisici sempre maggiori. Anche di notte «quando mi è quasi impossibile dormire perchè mio figlio richiede il mio intervento», rivela la donna. Stesso problema si pone di giorno. Nessuno a scuola è in grado di dare da mangiare al bambino così la madre durante i rientri scolastici deve provvedere ad alimentare suo figlio, perchè non si sono ancora trovati operatori idonei a imboccarlo in modo corretto. «Pur essendo una donna molto determinata, il mio corpo sta cedendo alla fatica. Non credo di poter reggere più da sola questa situazione». Di lei si stanno occupando gli assistenti sociali di Cogoleto. E al comune la donna chiede maggiore attenzione per il suo caso. «Durante la scuola un paio di mattine alla settimana vengono in casa mia gli assistenti domiciliari, ma io avrei bisogno di loro tutti i giorni dell’anno per vestire mio figlio e fargli il bagno». R. C. ha un’invalidità permanente del 46 per cento, triste retaggio dell’incidente nel quale ha perso il marito. Un handicap che però non le dà diritto ad alcuna forma di sostegno economico. «A 41 anni mi mantiene ancora mio padre malato». E la donna, oltre al padre, deve badare anche alla figlia più piccola «che vive in base alle necessità del figlio più grande». Le asprezze della vita ne hanno esasperato il carattere, rendendola in qualche modo «scomoda» ai suoi vicini di casa. Storie di quotidiane incomprensioni. L’ultima è scoppiata per colpa della macchina posteggiata dalla donna lungo la discesa del viale «che non dà fastidio a nessuno, ma ora vogliono che la sposti di lì». Chi ha modo di seguirla da vicino sostiene che sarebbe già importante trovare un rimedio al problema dell’alimentazione di Michele durante la scuola.

Anche se, forse, il problema più grande è il cono di isolamento nel quale R.C. vive da tempo e per il quale andrebbe costruita una piccola rete di sostegno pratico e morale. Per non farla sentire ogni giorno di più una mamma di serie B.

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