Trump e Vance all'attacco, ma al Gop serve una strategia per frenare Harris

Repubblicani presi in contropiede, sforzi per rimodulare i messaggi della campagna. E chiedono al presidente di lasciare il suo incarico

Trump e Vance all'attacco, ma al Gop serve una strategia per frenare Harris
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Donald Trump sceglie uno sberleffo per infierire sul ritiro di Joe Biden. Sul suo social personale, Truth, il tycoon attacca: «È un nuovo giorno e Joe Biden non ricorda di aver abbandonato la corsa ieri». Eppure in casa repubblicana sono momenti di profonda riflessione. Poche ore dopo la notizia del ritiro di Biden, The Donald aveva reagito con rabbia: «Il corrotto Biden non era adatto a candidarsi e non è mai stato in grado di fare il presidente».

All'attacco anche il candidato alla vicepresidenza JD Vance, alla prima uscita in solitaria a Middletown, la sua città natale: «Non amavo Biden, ma è stato tolto con il volere di Soros, Obama e le élite democratiche, tradendo gli elettori. Questa è una minaccia alla democrazia, non il partito Repubblicano». Poi l'affondo contro Harris e i dem: «Hanno mentito sulla salute di Biden, nessuno ha detto niente. Non è il modo di gestire un Paese, è un insulto agli elettori». Tutto il partito è proiettato a chiedere al presidente un ulteriore passo indietro, ovvero le dimissioni. Mike Johnson, speaker repubblicano della Camera, vuole che il presidente lasci: «Se non è in grado di fare campagna elettorale, non è adatto a governare».

Al di là delle dichiarazioni da campagna elettorale, l'estate sarà molto calda sul fronte delle carte bollate. In primo luogo molti comitati repubblicani stanno tentando ricorsi per tenere il nome di Biden nelle schede elettorali. E poi sul fronte dei fondi. I dem dicono che i quasi 100 milioni possono passare in automatico a Harris, ma il Gop e i suoi legali frenano e preparano i ricorsi. Charlie Spies, consulente repubblicano avverte che i soldi sono stati raccolti col nome di Biden e non esistono meccanismi automatici per il passaggio.

Ma al di là della burocrazia serve una strategia diversa. Dipingere l'attuale presidente come un anziano con ritardi cognitivi ha pagato, forse troppo, ma ora, con la candidatura di Kamala Harris in rampa di lancio serve un nuovo messaggio, anche perché per il prossimo mese il ciclo mediatico sarà tutto concentrato sui dem con poche occasioni per «fare notizia».

Diversi membri dello staff di Trump hanno detto di essere coscienti che contro Harris servirà di più. Un funzionario vicino al comitato Maga ha detto al Washington Post che la corsa «si fa più difficile». Harris può essere più incisiva su questioni come l'aborto o la guerra a Gaza. E può parlare a donne, giovani e afroamericani, segmenti che Biden stava vedendo scivolare verso Trump e che ora tornano in gioco. A pesare è anche l'incertezza legata all'eventuale vice di Harris. JD Vance era la pedina per prendere i voti dei colletti blu del Midwest, ma la nomina di un governatore come Josh Shapiro della Pennsylvania o Gretchen Whitmer del Michigan potrebbe invertire gli equilibri.

Il sondaggista ufficiale di Trump, Tony Fabrizio, ha detto che la campagna è pronta al 100%. E nel frattempo si scaldano i motori degli spot. Subito dopo l'addio di Biden il super Pac Maga Inc ha lanciato una pubblicità da 5 milioni di dollari negli Stati in bilico che accusa la Harris di aver coperto il declino mentale di Biden.

Quello che è certo è che nei prossimi giorni la retorica di Trump si abbatterà su di lei. Anche se viene da chiedersi se i due si sentiranno mai. In fondo, ha detto Trump nel 2016, «quando ho bisogno di qualcosa la chiamo, è lì per me».

Il riferimento è quando nel 2011 e 2013 il tycoon ha donato 6mila dollari a Harris per la sua campagna a procuratrice generale della California. Ere politiche fa, un mondo fa. Chissà se Trump pensa ancora che quell'investimento sia stato una buona idea.

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