«Io, prima prostituta che rilascia ai clienti la ricevuta fiscale»

«Io, prima prostituta che rilascia ai clienti la ricevuta fiscale»

da Milano

Non vuole avere grane con il fisco e, in fondo, spera anche che la scelta fatta possa un giorno servire a farle maturare un minimo di pensione. Così ha deciso di dedicarsi al mestiere più vecchio del mondo, ma con un approccio moderno. Rilasciando ad ogni cliente tanto di ricevuta fiscale con la necessaria marca da bollo e dichiarando, al momento di pagare le tasse, gli introiti incassati. Al netto, ovviamente, delle spese sostenute per poter lavorare in strada.
La protagonista della curiosa vicenda è una signora ultra quarantenne che, messa con le spalle al muro perché non trovava lavoro, ha deciso qualche mese fa di vendere il proprio corpo in un boschetto ai margini di una trafficata arteria stradale, che da Milano porta fino a Vigevano. Si chiama Francesca Nossisia e tutti i giorni, escluso i festivi, dalle 10,30 alle 16,30 attende i suoi clienti senza vergogna, col sorriso sulle labbra e con blocchetto di ricevute nella borsa, dove conserva quant'altro le serve per svolgere la propria attività. «Ad ogni cliente, dopo l'incontro, ne rilascio una per la somma a me pagata – racconta -; gli importi variano fino a 40 euro a seconda della prestazione effettuata, e su ogni ricevuta fiscale applico tanto di marca da bollo». Ovviamente niente intestazioni per il cliente e neppure la specifica del tipo di «prestazione» effettuata. «La legge – dice – non prevede ancora che noi prostitute possiamo rilasciare fatture per gli incontri intimi che abbiamo con i clienti. Ma si parla di una nuova normativa che potrebbe regolarizzarci. Quando arriverà, come già succede in altri posti del mondo, voglio farmi trovare in regola».
Francesca ha anche provato ad aprire una Partita Iva per emettere fattura, anziché limitarsi semplicemente a staccare la ricevuta dal bollettario. Si è anche informata all'Agenzia delle Entrate, ma quando le è stato chiesto per quale tipo di professione intendeva richiedere i registri Iva, non ha saputo indicare quella giusta, fra le tante contemplate per lo svolgimento del lavoro autonomo. «Mi sono informata anche da un commercialista, ma non c'è stato verso – prosegue -. Alla fine mi è stato consigliato di acquistare le marche da bollo, e di applicarle su ogni ricevuta rilasciata al cliente, così da mettermi al sicuro da controlli e accertamenti». Il prossimo anno di questi tempi, tirerà le somme degli incassi alla luce dei bollettari che conserva. E sul fatturato pagherà le tasse dovute. «In altre nazioni europee chi fa il mio mestiere paga sì le tasse ma ha anche la possibilità di versare i contributi che fanno poi maturare la pensione sulla base di quanto versato. Sarebbe ora che anche in Italia imponessero alla nostra categoria il dovere di denunciare al Fisco i guadagni, ma al tempo stesso il diritto di tutelarci per quando non potremo più rimanere in strada». Alle spalle Francesca si è lasciata un passato da piccola imprenditrice della Brianza, caratterizzato da lusso e divertimento. Ma anche un matrimonio fallito e un burrascoso divorzio. Poi sono passati gli anni e la vita è diventata grama, soprattutto se la si affronta da donna sola e disoccupata. Prima di fare la drastica scelta, aveva lavorato in un bar per un anno e mezzo con la speranza di essere messa in regola, sgobbando anche 16 ore al giorno, e respingendo ogni volta le avance dei clienti, soprattutto di quelli ubriachi che cercavano di approfittare di lei. «Se questa doveva essere la mia strada, mi son detta dopo il licenziamento e la fine dei risparmi, allora è meglio che mi faccia pagare come tutte le altre». Così dalla fine di febbraio, si è trasformata in lucciola. Senza vergogna e senza voler infrangere la legge. Lei infatti non adesca i clienti con moine o abiti succinti; sono loro, giovani e pensionati che la scelgono proprio per quel suo modo di essere diversa dalle altre, e per quel suo modo di fare gioioso che rende meno squallido anche il mestiere più vecchio del mondo.
«Non sapevo neppure da dove cominciare, anzi è stato il primo cliente a darmi indicazioni concrete – conclude -. Ho comunque delle regole alle quali non transigo: niente cose strane, niente alberghi, e nessun protettore».

Fino ad oggi dai bollettari che conserva con cura insieme alla lista delle spese sostenute, ha staccato oltre trecento ricevute e gli affari vanno bene. «È vero, la mia clientela è cresciuta in fretta, ma non ho affatto intenzione di esagerare. Alle 16,30 stacco e torno ad una vita normalissima, come tutte le altre donne».

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