Irak, Zarqawi beffa i marines e assalta Ramadi

Bersagliate le caserme statunitensi, ma non ci sono stati morti né feriti

Gian Micalessin

La Casa Bianca avrà anche pronta una nuova strategia per chiudere la partita irachena, ma la vittoria non sembra a portata di mano. Non fino a quando i terroristi di Zarqawi saranno liberi di scorrazzare nelle città, attaccare palazzi pubblici e basi dei marines. È successo ieri a Ramadi, capitale di quella provincia di Anbar diventata il crogiuolo dell’insurrezione e la roccaforte di Abu Musab Zarqawi e della sua succursale irachena di Al Qaida. Non è stata l’offensiva del Tet di vietnamita memoria, né una vera e propria battaglia, ma è stato un bel colpo propagandistico. Solo poche ore prima il presidente George Bush aveva annunciato la nuova strategia americana in Irak e aveva promesso di non ritirare le truppe prima della vittoria finale. Mentre l’annuncio di Bush riecheggiava nei notiziari della Cnn gli ufficiali americani riuniti con i leader tribali della regione di Ramadi si sono ritrovati sotto i colpi di mortaio degli insorti. Penetrati in città tagliando fuori le caserme e i posti di controllo all’entrata della zona urbana i guerriglieri di Al Qaida si sono infiltrati fino alla centralissima zona del bazar e bersagliando con i mortai le caserme americane e irachene e gli uffici pubblici.
I portavoce dei marines beffati dai guerriglieri hanno ridimensionato l’accaduto riducendolo a una scaramuccia urbana. «Un solo razzo anticarro ha colpito un posto d’osservazione americano-iracheno ma non ha provocato né danni né feriti», ha spiegato il capitano dei marines Jeffrey Pool. «Si è trattato – ha aggiunto - di un attacco inscenato ad arte che dimostra la disperazione del nemico». In un precedente comunicato stampa il capitano Patrick Kerr denunciava «l’infondatezza delle notizie secondo cui gli insorti avrebbero preso controllo della città» e ridimensionava il tutto a «sporadici scontri a fuoco».
La popolazione locale, contattata dai giornalisti, descriveva il centro della città occupato da piccoli gruppi d’insorti per almeno 45 minuti e riferiva di numerosi colpi di mortaio caduti intorno a palazzi e basi militari. Il tenente della polizia irachena Mohammed al-Obaidi ha raccontato di almeno quattro granate di mortaio esplose, senza far vittime, attorno alla base dei marines all’entrata orientale della città. Le immagini televisive mostravano gruppetti di guerriglieri in continuo movimento tra le case del mercato e il centro della città. Immagini surreali perché nello stesso momento i comandanti dei marines incontravano i rappresentanti tribali della provincia nel Palazzo del governatore. Per almeno un’ora nessuno ha, però, contrastato la presenza dei militanti di Al Qaida che hanno anche distribuito e attaccato ai muri volantini e poster in cui si promette di «trasformare l’Irak nella tomba degli americani e dei loro alleati».
La beffa della guerriglia coincide con l’inizio dell’offensiva nella zona di Hit dove più di duemila fra soldati e marines americani, appoggiati da 500 soldati iracheni, cercano di stanare gli insorti in vista delle elezioni legislative del 15 dicembre prossimo. Il generale americano Mark Lynch ha definito un successo le precedenti offensive nella valle dell’Eufrate rivolte a bloccare le infiltrazioni della guerriglia dalla Siria. Secondo Lynch le operazioni hanno bloccato il flusso di terroristi facendo diminuire il numero delle autobomba. Nelle ultime due settimane le vittime, quasi tutte sciite, di bombe e attentati hanno comunque oltrepassato quota duecento. E proprio ieri a Bagdad un commando della guerriglia ha attaccato un convoglio governativo ferendo seriamente un consigliere del ministero degli Interni e uccidendo una delle sue guardie del corpo.
Poche le novità intorno alla sorte dell’archeologa tedesca e dei quattro volontari di un’organizzazione pacifista cristiana rapiti in due contesti separati da due diversi gruppi armati. I rappresentanti degli ulema hanno ieri chiesto la liberazione di tutti e i cinque gli ostaggi e in particolare della 43enne archeologa tedesca Susanne Osthoff in considerazione dell’azione svolta dal governo tedesco per contrastare l’invasione americana dell’Irak.


Il ministro degli Interni Bayan Jabr ha intanto licenziato su ordine del premier Ibrahim al Jaafari il responsabile per i diritti umani Nouri al-Nouri: nei sotterranei del ministero è stata scoperta una segreta in cui venivano torturati e interrogati decine di sunniti rapiti dalle milizie sciite.

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