A Islamabad 15 morti in scontri tra militari e studenti filo-talebani

La ribellione di due scuole coraniche. Tra i rivoltosi anche donne che indossano il burqa e chiedono una sharia più dura

Barricate con i sacchetti di sabbia, giovani mascherati e armati di kalashnikov e donne in burqa pronte a immolarsi per la guerra santa sono le immagini che giungono non da un campo di battaglia in Afghanistan, ma dal centro di Islamabad, la capitale pachistana. Nel centro del potere del generale-presidente, Pervez Musharraf, sono scoppiati ieri furiosi scontri fra gli studenti filo-talebani di due scuole coraniche della famigerata moschea rossa e le forze di sicurezza pachistane. Solo in serata è stata concordata una fragile tregua. I bilanci più ottimisti parlano di nove morti e 148 feriti, ma secondo la televisione Al Jazeera le vittime potrebbero essere una quindicina: dieci studenti islamici, un poliziotto e alcuni passanti.
Da giorni le forze di sicurezza pachistane stavano stringendo con posti di blocco e filo spinato l’assedio attorno al «bubbone» fondamentalista. Ieri mattina 150 studenti hanno preso d’assalto le forze dell’ordine, con l’obiettivo di rompere l’accerchiamento. La polizia ha reagito con i lacrimogeni. Gli studenti delle due madrasse anziché cedere si sono barricati per difendere il loro piccolo «emirato» nella capitale pachistana e sono comparsi i primi kalashnikov. Gli integralisti erano ben organizzati con tanto di maschere antigas e le sparatorie con i militari giunti in rinforzo sono andate avanti per ore. Ad un certo punto dagli altoparlanti della moschea qualcuno ha cominciato a inneggiare agli attacchi suicidi.
Pochi giorni fa Musharraf aveva denunciato che nella moschea rossa si erano annidati degli aspiranti kamikaze di «Jaish i Mohammed» (Esercito di Maometto), un gruppo terrorista legato ad Al Qaida. Il presidente non vuole ordinare un assalto vero e proprio, perché teme un bagno di sangue, che verrebbe sfruttato politicamente dai partiti religiosi d’opposizione. Alle scuole coraniche della moschea rossa sono affiliati 5mila studenti, in gran parte provenienti dalle zone tribali di frontiera fra Afghanistan e Pakistan, dove i talebani stanno aumentando i loro seguaci. Fra questi molte donne, che indossano il burqa con orgoglio e sono pronte a farsi ammazzare per l’Islam radicale. «Uccideteci, uccideteci, ma non indietreggeremo di un passo nella nostra richiesta di rafforzare la sharia (la legge del Corano, ndr)», ha detto Mahira, una delle talebane asserragliate nella moschea. Con loro ci sarebbero anche giornalisti occidentali che, quando è scoppiata la battaglia, stavano realizzando interviste.
L’ultima provocazione degli studenti filo-talebani era stato il sequestro di sei massaggiatrici cinesi accusate di lavorare in un bordello la cui copertura sarebbe un centro di agopuntura e benessere. Il rilascio degli ostaggi è avvenuto quando le autorità hanno fornito assicurazioni sulla chiusura del centro.
La moschea rossa era stata finanziata negli anni ottanta dai militari pachistani come serbatoio di reclute per i mujaheddin durante l’invasione sovietica dell’Afghanistan e poi per i talebani.

Oggi è una spina nel fianco per Musharraf. I figli del fondatore, Abdul Aziz e Abdul Gazi, hanno lanciato da qualche mese una campagna per la «moralizzazione» della società e l’introduzione più restrittiva della legge coranica.

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