da Milano
«Il governo italiano non poteva vietare la detraibilità dellIva su auto e carburanti usati per lazienda». È quanto ha deciso la Corte di giustizia europea, che ha confermato lallarme lanciato nei giorni scorsi.
Per Bruxelles «lo Stato non può escludere strutturalmente le operazioni su dati beni dal regime delle detrazioni stabilito dalla direttiva Ue sullIva». Questo significa che oggi i soggetti titolari di partita Iva, aziende e liberi professionisti, che già possono scaricare dalle tasse fino al 15% dellimposta, potranno dedurre dalle tasse anche le cosiddette «spese di esercizio», come benzina, gomma, olio, manutenzione e riparazioni dellauto usata per lavoro. Questo significa anche che «chi ha già assolto il pagamento dellIva deve poter ricalcolare il suo debito dimposta».
La decisione della Corte di giustizia Ue si traduce, secondo il Centro studi Promotor, in un minor gettito fiscale annuo per lo Stato pari a oltre 2,5 miliardi di euro. Un impatto che dovrà essere «stabilito dal governo italiano, in base alla legislazione sulla retroattività dei rimborsi», come ha sottolineato la portavoce Ue al Fisco, Maria Assimakopoulou. Lo scorso 25 luglio la Commissione europea aveva già aperto contro lItalia una procedura di infrazione: «Lopinione della Commissione sulla questione è chiara e ben conosciuta - ha aggiunto la Assimakopoulou - la novità è che nella sentenza non si dà alcuna limitazione di tempo riguardo agli effetti retroattivi».
Il viceministro dellEconomia Vincenzo Visco ha già annunciato «pesanti ripercussioni» sulle tasche degli italiani. «Le conseguenze finanziarie della sentenza della Corte di giustizia europea sulla detraibilità dellIva auto - ha precisato il viceministro - porteranno inevitabilmente a individuare misure compensative equivalenti affinché non si creino scompensi ulteriori nellequilibrio della finanza pubblica. Secondo Visco «la decisione della Corte Ue è lennesima, pesante eredità lasciata dal governo Berlusconi al centrosinistra», nonostante la norma fosse in vigore già dal 1979.
Quanto alla possibile retroattività della decisione della Corte di giustizia Ue, secondo i tecnici del ministero dellEconomia, le regole dellordinamento italiano in materia prevedono che, per lIva, si possa tornare indietro al massimo fino al 2003». Dunque, 2,5 miliardi lanno per 4 anni, cioè 10 miliardi di euro.
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