Jannacci e il nuovo «Teatro» musica e parole sul palco

Matteo Failla

Si provi a stilare la classifica dei titoli più banali da dare ad uno spettacolo teatrale: Teatro potrebbe posizionarsi ai primi posti. Eppure, chissà com’è, basta avvicinare questo titolo al nome di Enzo Jannacci per vederlo scivolare precipitosamente tra le ultime posizioni di classifica: già, perché quel Teatro in mano a Jannacci si trasforma in un mondo senza confini definiti, che ruota attorno a un asse impossibile da mantenere fermo.
Quest’anno il «Progetto Jannacci» si replica con una produzione tutta nuova del Filodrammatici, Teatro di Enzo Jannacci appunto, che debutterà il 21 settembre al Filodrammatici e partirà poi per una tournée nazionale. «Ho pensato a una contaminazione tra musica e parole – afferma Enzo Jannacci – che desse vita ad una “fumisteria”: ecco cos’è per me il teatro. Non si sa mai cosa avviene sulla scena, ogni momento è ricco di spunti; io mi aggrappo ad alcuni punti fermi, che possono essere canzoni, tempi o particolari momenti, e poi do vita alla mia fumisteria degli imprevisti. Di solito anche così va tutto a finir bene, insomma magari benino: però succede, è questo l’importante».
E certo supportare l’estro artistico di Jannacci che si esibisce dal vivo non è cosa di poco conto, per questo Enzo ha voluto accanto a sé il figlio Paolo (che il prossimo 30 settembre convolerà a nozze), per il quale nutre sincera e profonda stima. «Gli manca solo che si metta a cantare e sarò io ad andare a vederlo - dice Jannacci del suo erede -. Da vent’anni vivo una simbiosi artistica con mio figlio e con i suoi musicisti, che ho conosciuto quando erano ancora piccoli. Paolo ormai sa cosa voglio. E poi il loro talento è un supporto essenziale alle mie stravaganze in scena, mentre la loro competenza musicale è essenziale per creare nuovi arrangiamenti delle mie canzoni».
Difficile quindi pensare a una scaletta rigida attorno alla quale possa prendere vita lo spettacolo di Enzo, ma è certo che il suo Teatro, oltre a contenere tanti dei suoi successi, sia in milanese che in italiano, lascerà spazio a una importante novità che conduce sulla strada di uno «Jannacci maturo» che lascia sempre più spazio alla narrazione.
«Nello spettacolo – spiega Jannacci - ho inserito dei racconti di un mio libro, No tu no, che avevo progettato assieme a Beppe Viola e Umberto Eco per la Bompiani, e che è finito al macero a pochi mesi dalla pubblicazione: è introvabile da decenni. Voglio ridare vita ad alcuni di quei brani che parlano di luoghi reali, di esperienze profonde ma anche divertenti, che mi fanno pensare a quanto nulla sia cambiato da allora».
Ed è impossibile per Jannacci non parlare della «sua» Milano. «Ricordo che da piccolo ho conosciuto Milano girando con il tram. A quei tempi noi ragazzini saltavamo sul gradino esterno del tram per viaggiare gratis, respiravamo la freschezza di una Milano senza ingorghi e inquinamento: sembrava di volare, fino a quando non si ricevevano le borsettate in testa dalle sciure che ci davano dei “disgraziati”.

Quel mondo ormai non c’è più: i ragazzi tra un po’ diranno “Esco a prendere il giornale, ci vediamo domani” perché rimarranno imbottigliati, a piedi, nel traffico; ormai obbligati a uscire con maschere antigas si faranno strada tra le auto ribaltandole perché saranno geneticamente modificati: tutto questo per poi tornare a casa e chiudersi in palazzoni tutti uguali che ospitano diecimila persone». Ma in tutto questo, anche allora, c’è da supporre che Jannacci rimarrà un’icona.

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