Pedro Armocida
da Roma
Ancora un poliziotto dai metodi violenti. Ancora un thriller poliziesco. «Ma probabilmente sarà anche l'ultimo». Parola di Jean Reno, protagonista de L'impero dei lupi, da venerdì in 250 sale italiane, il costoso film (si parla di più di 20 milioni di euro) diretto da Chris Nahon e tratto dallomonimo romanzo di Jean-Christophe Grangé (Garzanti), autore molto amato dal cinema francese grazie al successo de I fiumi di porpora (sempre con Reno) e allatteso Il concilio di pietra con la nostra Bellucci.
Così, nonostante che al segaligno Reno sia piaciuto «esplorare dallinterno un poliziotto "paria" dellordine col cervello bruciato» ieri alla presentazione del film ha sottolineato di non voler più continuare con questi personaggi. Spiegando così le sue ragioni: «Ho percorso ormai tutte le strade di questi uomini a metà tra lhorror e il poliziesco. Dal mio punto di vista questo è un film vecchio, finito più di un anno fa. Ora voglio solo fare commedie, un genere che è molto più difficile da realizzare bene e attendo altre proposte come quella fortunata di Benigni».
E difatti tra poco più di due settimane lo rivedremo sul grande schermo in La tigre e la neve, lattesissima fatica del Roberto nazionale da lui considerato «un angelo che vola», nei panni di un poeta arabo, un ruolo molto congeniale viste le sue origini marocchine-andaluse: è nato a Casablanca da genitori spagnoli esiliati durante il franchismo e allanagrafe è registrato come Juan Moreno Errere y Rimenes. Intanto ne L'impero dei lupi interpreta Schiffer, un poliziotto pluripremiato ma infine radiato dal corpo per comportamenti illeciti, che aiuterà il giovane investigatore Nerteaux a districarsi nel mondo della malavita turca parigina, in unindagine sullatroce uccisione di tre ragazze immigrate.
Allinizio si pensa a un serial killer e infatti il film assomiglia molto a Seven, con tanto di battibecchi tra poliziotto giovane e anziano e unatmosfera che più uggiosa non si può, ma poi tutto vira di più sul piano fantapolitico, con lentrata in scena dellorganizzazione turca dei Lupi grigi. «Ho voluto realizzare un film popolare - spiega il regista - unepopea spettacolare pensata soprattutto per il pubblico più giovane. Così, nel tentativo di tenere ben separati gli aspetti politici da quelli polizieschi, non cè mai una presa di posizione specifica sui Lupi grigi, che in Turchia esistono veramente e sono anche un partito politico».
Ma quando è stato il momento di girare tutta l'ultima parte del film proprio in Cappadocia sono sorti alcuni problemi perché, continua Nahon, «se da una parte questa regione con le sue caratteristiche rocce simili a funghi ha una potenza estetica indiscutibile, dallaltra è proprio la culla di quel movimento radicale che si rifà a una Turchia ancestrale. Non posso nascondere di aver ricevuto un po di minacce, ma alla fine con i turchi ci siamo compresi».
Nel film, che vede una partecipazione produttiva italiana, troviamo anche Laura Morante in un ruolo, quello della psichiatra Mathilde, per la prima volta con scene dazione. Un universo sconosciuto per lattrice toscana che ammette di essersi sentita come un pesce fuor d'acqua «anche perché non ho mai lavorato in un film dazione e in verità non è un genere che prediligo. Ma siccome mi piace sperimentare, mi sono lanciata nellimpresa.
Così anche per lei il futuro sarà sicuramente lontano dalle tinte fosche de Limpero dei lupi e la vedrà cantante e ballerina in Liscio di Claudio Antonini e protagonista del nuovo film di Resnais.
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