Reggio Calabria - Dov’è finita la Juve? Nei sogni. Sì, nella faciloneria di chi la voleva squadra da scudetto dimenticando di guardare la rosa, la fragile competenza della società e il pedigree dell’allenatore. Ieri la Juve ha dimostrato che oggi potrebbe essere una squadra da retrocessione: non è stata meglio della Reggina. Anzi peggio. Nel mese di aprile è finita in coda al rendimento di tutte le formazioni di serie A, in campionato non vince da quattro partite, a cui va aggiunta quella con la Lazio in coppa Italia. Con le 2 reti di ieri ha incassato 32 gol in 33 partite, media di uno a partita. Anche un bambino capirebbe che con quel colabrodo non c’è sogno che tenga. Il pari di Reggio Calabria è solo un capitoletto del viaggio bianconero verso l’ignoto: da qui alla fine del campionato potrebbe succedere di tutto. Ma non che si dimetta il suo allenatore. Claudio Ranieri è un tipo tosto, molto di più nei propositi di quanto lo sia tenendo fra le mani la squadra. Se qualcuno aveva dei dubbi li ha chiariti. «Deschamps si dimise. Non so come sia andata. Ma quando uno è giovane fa certe sciocchezze». Serviti gli speranzosi avvoltoi che volteggiano intorno alla sua carne. Invece è la carne tenera della Juve che dovrebbe esaltare il tifo contro e deprimere il tifo «pro». Il tifo «contro» potrà cibarsi delle ennesime sbadataggini difensive, dell’idea che Buffon non è più un portiere da miracoli, non fa più la differenza, gli manca qualche riflesso: lo dicono anche le due reti appena subite. L’attacco fatica sempre più, Del Piero realizza solo grazie ai calci di rigore. Ieri la squadra ha prodotto diverse occasioni, nonostante un gioco talvolta deprimente. Ma le ha fallite tutte. Gli altri ne hanno avuto meno, ma hanno colpito meglio. I giovani sono crollati fisicamente, la squadra con loro. «C’è stato un calo fisico e mentale dopo l’eliminazione della Champions» ha spiegato Ranieri. I campioni e i lungodegenti si concedono poco e talvolta male. Ieri Zanetti sembrava uno da pensionare. Camoranesi voleva salvare la faccia. «Abbiamo salvato solo mezza faccia, visti i due gol subiti», ha detto l’allenatore tra ironia e realtà. Già, ma poi come sono i rapporti di spogliatoio? Incrinati, nonostante la tesi soft. Camoranesi si è affannato a smentire. «Siamo uniti per un solo obiettivo». Zanetti è stato meno dolce. «Certi discorsi vanno chiariti a fine campionato. Non siamo abituati a lottare per il secondo posto». L’incontro fra Blanc e Lippi ha scatenato le belve che ruggiscono dentro l’animo di ogni giocatore. Salvo farsi pecora in campo. A domande precise ha replicato Ranieri. «Lo spogliatoio di una squadra è come un orologio: basta un nonnulla per farlo aumentare o rallentare». Ovvio che la soluzione scelta dall’amministratore delegato abbia fatto danni. Ma basta per chiarire l’ennesima figuraccia? Ieri c’è stata lotta, solo quella. Il calcio d’alto rango è altra cosa. La Juve è stata anche in balia dell’arbitro. Ma ha dovuto rimontare due volte e qui casca, come si suol dire, l’asino. Anche se gli asini sarebbero tanti.
«Ci vuole un mea culpa per i gol subiti», ha insistito Ranieri. «Ma non lamentiamoci per il mercato: sono pienamente soddisfatto per quelle che erano le nostre possibilità. E sto rispettando il programma stilato». Gocce di verità fra tanto fumo. Bastano per capire. Non per vincere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.