Il killer dei coniugi di Treviso: «Così li abbiamo massacrati»

Uno degli albanesi che assalirono la villa, portato sul luogo del delitto, raccontò: «Abbiamo fatto di tutto. Naim violentava la donna, intanto io telefonavo»

da Treviso

«Naim le ha fatto di tutto». Arthur Lleshi risponde alle domande del pm di Treviso e i carabinieri lo filmano mentre l’assassino albanese rivive la notte del delitto. «Naim le ha fatto di tutto», ribadisce cercando di scaricare gran parte della responsabilità su uno dei complici, Naim Stafa, appunto, anch’egli albanese, anch’egli uscito di prigione grazie all’indulto del 2006. Lucia e Guido Pellicciardi vennero sorpresi la notte del 21 agosto dello scorso anno e massacrati da questi assassini pieni di cocaina e di birra. La coppia viveva nella dependance di una villa a Gorgo al Monticano (Treviso) da cui quei criminali fuggirono con un bottino di 600 euro e un paio di telefonini. Le vittime facevano i custodi.
Il quotidiano Il Gazzettino ha pubblicato alcuni fotogrammi del filmato che martedì verrà visionato dal gup di Treviso, Elena Rossi, nel corso dell’udienza preliminare del rinvio a giudizio di Stafa e di George Bogdeneanu, il romeno che lavorava nella ditta del proprietario della villa e che avrebbe fornito le informazioni necessarie per il «colpo». Lleshi, invece, ha tolto il disturbo suicidandosi in carcere nel dicembre scorso, portandosi via, sospettano i magistrati, il suo grande segreto: il nome del quarto uomo che avrebbe partecipato al massacro.
Ma al momento in cui venne girato il video, il 7 settembre 2007, cioè 17 giorni dopo il duplice omicidio, Lleshi cercava di accreditare un’altra versione. E di scaricare su Stafa la responsabilità dell’incredibile e indescrivibile violenza con cui è stata martoriata la povera Lucia Pellicciardi. Insieme ai carabinieri, ai magistrati e agli avvocati la belva ricostruiva sul posto l’orrore di quella notte. E già all’inizio c’è una prima incongruenza. Lleshi imbocca il viale della villa e poi indica agli inquirenti la rete di recinzione scavalcata per raggiungere la dependance dei coniugi. Perché non puntare dritti alla villa? In questo, secondo Lleshi, c’entra il romeno Bogdaneanu, 21 anni, con cui i due albanesi avrebbero passato il pomeriggio a tirare di coca e a bere birra. Sarebbe stato lui a dire che i Pellicciardi avrebbero potuto avere le chiavi. Guido Pellicciardi si sveglia quando sente i rumori dello scasso: non fa in tempo a scendere che si trova davanti quelli che saranno gli assassini suoi e della moglie. Due? Tre? Le versioni muteranno nel tempo. Nel momento della ricostruzione, Lleshi dice che sono stati lui e Stafa a entrare. «Abbiamo trentamila euro, ma li ha nascosti mia moglie», spiega Pellicciardi sotto le minacce dei due albanesi. E così salgono in camera, dove c’è la donna.
È lì che comincia l’orrore. I due hanno le spranghe. Lleshi infierisce sul marito, fino a ucciderlo. Sulla donna, invece, che avrebbe dovuto rivelare dove erano nascosti i soldi o, forse, tirare fuori le chiavi della villa, si accanisce Naim Stafa. La violenta anche con la spranga. Dai tabulati telefonici, però, risultano diverse telefonate da Stafa a Lleshi proprio mentre avveniva il massacro. Perché? Le risposte di Lleshi non convincono. Lleshi intanto ha maturato l’idea di suicidarsi. Ci prova un paio di volte, senza successo.

Poi chiede di essere interrogato: «Con me è entrato un altro uomo». Non dice il nome, è impaurito, dice che arrivava da Motta di Livenza, in scooter. Al terzo tentativo, il suicidio va in porto. E nella tomba di Lleshi finisce anche il nome dell’ipotetico quarto uomo.

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