L’allarme di Bagnasco: «Non nascono più bimbi è suicidio demografico»

Roma L’Italia «sta andando verso un lento suicidio demografico», non nascono più bambini. E per questo «urge una politica che sia orientata ai figli». È l’allarme che ha lanciato ieri il cardinale Angelo Bagnasco, aprendo a Roma i lavori dell’assemblea della conferenza episcopale italiana.
Il presidente della Cei, dopo aver elogiato la Corte Costituzionale per la recente sentenza che il 14 aprile scorso ha difeso la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, «determinante nel dare prospettive di vita al nostro presente», ha osservato che «l’Italia sta andando verso un lento suicidio demografico» perché «oltre il cinquanta per cento delle famiglie oggi è senza figli, e tra quelle che ne hanno quasi la metà ne contemplano uno solo, il resto due, e solamente il 5,1 delle famiglie ha tre o più di tre figli».
«Urge una politica che sia orientata ai figli – ha continuato Bagnasco – che voglia da subito farsi carico di un equilibrato ricambio generazionale». Il cardinale chiede «iniziative urgenti e incisive», che vanno assunte proprio ora, per tentare di uscire dalla crisi economica «attraverso parametri sociali nuovi». Il quoziente familiare è «l’innovazione che si attende e che può liberare l’avvenire della nostra società».
Nella prolusione, il presidente dei vescovi italiani ha parlato della mancanza di lavoro, invitando i politici di ogni schieramento a «fare un passo in avanti», verso «riforme che producano crescita» e recuperino risorse per «potenziare le piccole e medie industrie, metterle in rete anche sul piano decisionale, qualificare il settore della ricerca e quello turistico, potenziare l’agricoltura e l’artigianato, sveltire la distribuzione, facilitare il mondo cooperativistico».
Una parte considerevole della prolusione di Bagnasco è stata dedicata all’anniversario dell’unità d’Italia: «Come Chiesa non risparmieremo energie morali né culturali al fine di partecipare al significativo anniversario». Il presidente della Cei ha anche ricordato che «l’unità del Paese resta una conquista e un ancoraggio irrinunciabili: ogni auspicabile riforma condivisa, a partire da quella federalista, per essere un approdo giovevole, dovrà storicizzare il vincolo unitario e coerentemente farlo evolvere per il meglio di tutti». Anche se è «l’interiore unità» e la consistenza spirituale del Paese «ciò che a noi vescovi oggi preme». E ha chiesto un dialogo «sereno e intelligente» sul Risorgimento, «con la consapevolezza che la verità giova al Paese»: «Se oggi si ringrazia Iddio per l’assetto conseguito e la pacificazione ormai raggiunta, non si può espungere quello che, nella religione, si presenta come un elemento connaturato al nostro umanesimo».
Bagnasco si è detto certo che «i credenti in Cristo continueranno a sentirsi, oggi come ieri, oggi come nel 1945 all’uscita dalla guerra, oggi come nel 1980, nella fase più acuta del terrorismo, sentirsi – dicevo – tra i soci fondatori di questo Paese».
Ma il tema centrale e più diffusamente trattato nella prolusione è stato quello dello scandalo pedofilia. Il cardinale ha ricordato l’impegno del Papa «intransigente con ogni sporcizia», affermando che da lui «la Chiesa impara a non avere paura della verità o a coprirla anche se odiosa». «Questo, naturalmente – ha aggiunto – non significa che si debba subire – qualora ci fossero – strategie di discredito generalizzato o di destrutturazione ecclesiale». Ha citato le recenti prese di posizione di Benedetto XVI, che ha indicato nel «terrificante» peccato interno alla Chiesa la vera persecuzione odierna.


Infine, il presidente della Cei ha richiamato l’allarme per il «commercio obbrobrioso» del turismo sessuale, e per le «multinazionali della pornografia che sono in agguato dietro l’adozione, in se stessa positiva per la televisione, del digitale terrestre», ricordando la «contraddizione culturale ed etica» di una società dove c’è «una esasperazione indubitabile circa la dimensione della sessualità, contrassegnata da una pervasività addirittura ossessiva». «L’opinione pubblica come le famiglie devono sapere che – ha concluso – noi Chiesa faremo di tutto per meritare sempre, e sempre di più, la fiducia che generalmente ci viene accordata anche da genitori non credenti».

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