L’analisi La violenza fu da entrambi i lati Ma basta vittimismo

È utile avere quante più informazioni e valutazioni è possibile su quella esemplare vicenda italiana che porta il nome del G8 di Genova (2001). E dunque ben vengano i due nuovi libri di cui si occupa qui accanto Stefano Zurlo. Ho definito «esemplari» i fatti di Genova non già - l’avete di sicuro capito - perché quanto allora avvenne possa essere preso a modello di gestione dell’ordine pubblico. Furono, quei fatti, esemplari proprio per il motivo opposto. Vi si scatenarono pulsioni e passioni, anche nelle forze dell’ordine, che avrebbero dovuto essere evitate: ma che - una lunga esperienza e una lunga casistica lo dimostrano - inevitabilmente deflagrano quando la tensione è al calor bianco.
Non voglio ripetere qui delle ovvietà. Che cioè ai dimostranti può essere concesso il lusso del vociare insultante, della pressione, dell’irrisione quando non dell’aggressione, e gli uomini in divisa delle forze dell’ordine devono invece, come sta scritto nei loro regolamenti, mantenere la calma. Accade poi che la perdano del tutto la calma e che si lascino andare, come nella scuola Diaz, a eccessi di sconvolgente violenza. È giusto che chi ha subito percosse brutali accusi poi i poliziotti che l’hanno colpito, e che i responsabili siano puniti.
Mi sembra invece ipocrita l’atteggiamento di scandalizzata innocenza con cui dimostranti impegnati in una azione di piazza contro le forze dell’ordine, risoluti a violare i divieti posti dalle autorità, smaniosi di attestare, creando disordini, l’impopolarità dell’avvenimento - nell’occasione il G8 - contro il quale si scagliano, ostentino poi stupore per il divampare di tafferugli. In realtà i disordini sono il loro obiettivo, e la presenza di telecamere è considerata una ghiotta occasione propagandistica.
Così come è legittimo protestare, e sacrosanto denunciare i comportamenti scorretti della polizia, è tartufesco negare l’evidenza: ossia che scalmanati come Carlo Giuliani, avventatosi contro una camionetta impugnando un estintore - che non è un arnesino leggero - e che è stato ucciso da un carabiniere male addestrato e spaventato, fossero e siano eroi della libertà e della democrazia. Lo sventurato Giuliani era un ragazzo difficile, che si comportava da sovversivo. Se si tace questo tipo di evidenze, mistificando la realtà e purtroppo trascinando nella sceneggiata i poveri genitori dell’ucciso, non si ha poi il diritto d’insistere - come ha fatto la magistratura, e gliene va reso merito - su altre evidenze riguardanti invece i poliziotti. Che sono tanto più pericolosi, nelle emergenze, quanto meno sono preparati ai loro compiti. Lo spettacolo offerto, ogni volta che lo si è visto in pubblico, dal carabiniere che ha sparato a Giuliani, era davvero deprimente.
Lo so, si sono avuti - li si hanno quasi sempre - anche atteggiamenti ambigui o insinceri di dirigenti delle forze dell’ordine. Che si sono illusi di nascondere le loro colpe con bugie dalle gambe corte: consapevoli di diventare, quando le cose volgono al peggio, stracci che ballano. Un capo della Squadra mobile di Milano fu coperto di contumelie, dopo la strage di piazza Fontana, per avere inizialmente orientato le indagini verso il circolo anarchico XXII Marzo di Pietro Valpreda che aveva per motto «bombe, sangue e anarchia». Si sbagliò insistendo su quella pista. Ma imboccarla dopo lo scoppio di una bomba era proprio così bizzarro?
Non mitizzo, anzi, le forze dell’ordine.

Fanno parte delle strutture di uno Stato sgangherato, perché mai dovrebbero essere indenni da difetti? Ho tuttavia la peggio opinione d’un certo rivoluzionarismo e ribellismo stentoreo, di invettive contro la repressione nei Paesi, come l’Italia, dove dimostrando non si rischia nulla. Veri eroi e martiri furono e sono coloro che dimostrano dove per una critica al governo si va in galera.

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