Neanche volendo avrebbe potuto tenere conto del tempo Laurie Lee dopo che, Un bel mattino destate, aveva lasciato la sua campagna inglese per incamminarsi verso la Spagna. Una sera, mentre suonava il violino, il vecchio pendolo appeso nel cortile di una locanda di Madrid si mise improvvisamente a vibrare, e batté quattordici rintocchi prima che il locandiere commentasse «È diventato matto!» e lo colpisse con una bottiglia per farlo tacere e godersi in santa pace la musica. E unaltra volta, nel porto andaluso di Algeciras, intonata una serenata per lamante malata di un contrabbandiere, ricevette in compenso un orologio da polso, che «ticchettò follemente per unora e poi esplose in una miriade di rotelline».
Tanto valeva, allora, regolarsi sul ritmo del passo di Alf, il vagabondo incontrato sulla strada per Londra che, vestito di pignatte, tegami e cucchiai, compiva il giro dellisola una volta lanno, atteso - calendario alla mano - dalle massaie rassicurate dal suo arrivo come dal ritorno delle stagioni. Ma Laurie - ribattezzato «Lorenzo» dai locali, appena traversato il Golfo di Biscaglia - camminava più alla svelta del vecchio mendicante, intendeva salpare dallisola britannica e quella stagione era la sua estate.
Ma solo con la coscienza di poi - di trentanni dopo -, avrebbe riacciuffato tra le maglie della scrittura quel capitolo della (propria) storia, e ritrovato la scansione perduta di un tempo vissuto con noncurante svagatezza. I Walked Out One Midsummer Morning, intitolò nel 1969 il lungo racconto autobiografico di quel viaggio, datando infallibilmente lindeterminato Un bel mattino destate (ora per la prima volta tradotto in italiano da Fabrizio Ascari per le Edizioni LIppocampo, pagg. 284, euro 9,90), al giugno del 1934. Data cruciale. Cadeva, per la storia dEuropa, alla vigilia della guerra civile spagnola e, per il giovane inglese, allindomani della raggiunta maggiore età: promessa e preludio di maturità artistica.
Lee, che era nato nel 1914, aveva infatti diciannove anni quando, in un bel giorno di sole, salutò la madre, già sveglia dallalba, sulla porta della sua casa di Stroud, minuscolo villaggio del Glouchestershire assopito da secoli nel sogno di una civiltà patriarcale. Il violino a tracolla, in tasca pane e datteri, in testa i versi delle poesie segretamente composte per una precoce smania di tentare la lira delle muse. Con la sensibilità segreta del poeta, linclinazione lirica del musico e lo spirito aperto dellavventuriero aveva scelto la sua rotta e la sua meta: attratto dal misterioso magnetismo del mare - «un nulla ondulato», invisibile dalle colline che chiudevano lorizzonte del suo paesello -, sedotto dal richiamo di città dai melodiosi «nomi dopera», sicuro di potersela cavare in un Paese dove, alla peggio, avrebbe saputo chiedere un bicchier dacqua: la sola frase spagnola che conoscesse gli serviva per chiedere da bere.
Dellavventuriero aveva il coraggio incosciente, ma anche altre qualità. La noncuranza: virtù del «prendersela comoda» senza preoccuparsi o «darsi cura» dimenticata dalla saggezza degli adulti, disconosciuta dalletica, riconosciuta però dalla predicazione evangelica («Guardate gli uccelli del cielo... etc etc»). Una «fanciullaggine rilassata»: che gli dava «il piacere di stare a guardare, di abbandonarsi a uno spettacolo scordandosi di tutto». La fiduciosa allegria: si affidava con ottimismo alla ventura, «Confidavo nel tempo», ricorda (come non avrebbe potuto, neanche ventenne?), si fidava senza sospetti di ogni avventore incontrato per via.
Così, la sua traversata dalla Galizia allAndalusia si svolge come una lunga suite di incontri picareschi. E il suo diario di viaggio si squaderna come una variopinta galleria di comparse. Ci sono il locandiere dalla pendola ammattita, il contrabbandiere dalla morosa malata e il clochard che orbitava attorno allInghilterra come la terra ruota attorno al sole. Un Amleto scolaro, malinconico adolescente sfinito dallambizione di diventare il principe dei poeti, e uno spettro di Amleto: fantasma del vecchio sovrano gemente con voce di baritono nel buio duna soffitta. Una megera con un solo dente simile a un apriscatole e una dama col volto di seta simile a una miniatura persiana. E poi fanciulle flessuose come tulipani fluttuanti con grazia di danzatrici minoiche e giovanotti con pretese di dandy mossi «con la dignità ondeggiante di un eunuco», i Manuelito e le Consuelito, lacclamato scrittore sudafricano (Roy Campbell) con profilo da El Greco e «occhi daquila sfinita», e lanonimo oscuro scrivano (un dio minore in incognito?) dal naso aquilino disegnato da Leonardo e «locchio assorto umilmente rivolto verso il basso». Tutti personaggi portati in scena nel teatrino di una Spagna da fiaba, remota, immutabile, fuori dal tempo: terra di medievale arcaicità addormentata in unepoca precedente lEuropa moderna che, sotto gli occhi del viaggiatore, si trasfigura per offrire le quinte alla prova generale della Guerra mondiale e del tracollo europeo.
Ma il grandioso scenario storico, inteso con lesperienza di poi - esperienza diretta: Laurie Lee imbracciò infatti le armi per combattere al fianco dei repubblicani contro i nazionalisti di Franco, come racconta il seguito della narrazione autobiografica, A moment of war, 1991 - non perdeva agli occhi del suo spettatore i colori di una scenografia fantastica, descritta con i toni di una poesia piena di suggerimenti e suggestioni.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.