L’eredità contestata del professore «nazista»

Ferruccio Repetti

L’amore è una cosa meravigliosa, muove le montagne e, quand’è condito da un pelo - basta un pelo - di sani appetiti, dicono che tiri più di cento cavalli. Sarà. Ma è anche vero che a volte l’amore tira più di cento pugili o, meglio, atleti di karaté, l’arte marziale che usa persino l’unghia del mignolo per colpire e far male. Càpita, eccome se càpita, più spesso di quanto non si creda. L’altro giorno, ad esempio, due donne innamorate (dello stesso uomo) se le sono tirate di santa ragione: pugni, calci, schiaffi e schiaffoni, e anche morsi, in testa e al bersaglio grosso, direttamente nell’aula del tribunale della Spezia. L’insolito ring ha un senso: era lì che si stava discutendo la causa intentata contro un cittadino di Trento, dalla fama di impenitente gigolo, divenuto amante, ricambiato, di una donna spezzina, moglie d’un noto ristoratore locale. L’accusa è quella di minacce e ingiurie telefoniche che sarebbero state proferite in più occasioni, anche tramite cellulare, da parte del gigolo al consorte tradito e pervicacemente molestato. L’udienza è durata poco, appena il tempo di ascoltare un testimone. Il giudice ha ritenuto che fosse abbastanza. Come dargli torto, considerando che erano passati già tredici minuti, che sono la durata media delle udienze in qualsiasi tribunale italiano che si rispetti? Dunque, viene emessa la sentenza: provvisoria, nel senso del rinvio del processo a nuova data per le continuazione del dibattito.
Ma, a rinviare il dibattito, i protagonisti della vicenda non ci pensano nemmeno. E non aspettano neanche di uscire dall’aula per far valere le proprie ragioni. Si mette in guardia, per prima, la moglie transfuga dal letto coniugale che non ci sta proprio ad accettare le critiche - a luci rosse, per giunta, ohibò - da parte dell’ex marito. «Ora te la faccio vedere io, chi è la fedifraga!». Non l’avesse mai detto! Chi sale sul ring improvvisato a difendere il «suo» ristoratore dotato di appendici ramificate? Eccola: è la nuova girl - cioè: lady, ma ancora in tiro - dello spezzino. Che si slancia con impeto encomiabile a sbarrare la strada alla rivale che ha preferito l’uomo del monte all’uomo di mare, e ora si permette pure di mugugnare. Ma dove siamo? In tribunale? Sì, ma a quel punto non se n’accorge più nessuno: le due donne si scontrano con energia insospettata e insospettabile, e danno sfogo a un repertorio di botte che neanche Tyson, ai tempi d’oro, sarebbe stato in grado di menare, ma che dico? di immaginare. Compreso il morso dell’orecchio all’avversario. Le due ex gentili signore, ormai degenerate in erinni, schiumanti di rabbia, si affrontano senza esclusione di colpi: a poco a poco cadono tutte le barriere e le inibizioni da sesso debole, sotto gli occhi esterrefatti di giudici, avvocati e parenti, che però inizialmente si limitano a fare il tifo. Ma la situazione è destinata fatalmente a degenerare. E nel tentativo di separare le due contendenti, qualcuno pensa di gettarsi nella mischia. Mal gliene incoglie: finisce subito in mezzo, e prende botte pure lui. Che allora è costretto a difendersi e invocare aiuto. È a questo punto che qualche avvocato si ricorda d’aver frequentato, in altra epoca, la palestra, il giudice e il pm si improvvisano tutori della legge, e un carabiniere di servizio si accorge di essere in servizio. Tutti intervengono contro tutti, la rissa si allarga ai testimoni dei processi vicini che non c’entrano niente, ma si danno da fare lo stesso.

Morale: le due donne sono ricoverate al pronto soccorso, con buona parte dei pugili coinvolti. Ma non è finita. Il secondo round è all’ospedale, subito dopo le medicazioni. Botte da orbi, come prima. Esclusi i morsi: sono saltate le protesi.

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