L’esecutivo difende la manovra fiscale e il decreto sui servizi ma teme l’iter parlamentare e chiede aiuto al centrodestra. Però nell’opposizione solo Follini è d’accordo Il governo alza la mira: ora tocca alle professioni Il premier: «Altre libera

«L’ultima parola sui taxi spetta ai Comuni»

Gian Battista Bozzo

da Roma

Dopo i tassisti, i professionisti? Malumori e proteste non spaventano, a quanto sembra, Pierluigi Bersani. Il suo decreto non è ancora in Gazzetta Ufficiale, e già il ministro dello Sviluppo economico si lancia in altre liberalizzazioni: «Andremo avanti nella riforma del sistema delle professioni - annuncia - e poi proseguiremo con l’energia». Anche a colpi di decreto perché, spiega, «è urgente rimuovere gli ostacoli alla concorrenza, come ci chiede l’Unione europea. D’ora in poi - avvisa Bersani - gli italiani si aspettino un governo che interviene dove esistono impedimenti alla libera concorrenza». E Romano Prodi conferma: «Abbiamo altre liberalizzazioni in programma. In Italia ci sono costi troppo alti, dobbiamo fare ritocchi a favore dei cittadini». E di fronte alle proteste dei tassisti, aggiunge: «Sono consumatori, anche a loro piace pagare meno per il conto in banca o per le assicurazioni. Inoltre - precisa sulla questione delle licenze - saranno i Comuni a decidere, conoscendo le necessità locali».
Già, ma la concertazione? Prodi ne ha fatto la bandiera della Nep (nuova politica economica) del centrosinistra. Ma sembra che funzioni a singhiozzo, che valga solo per alcuni e non per altri. «Siamo pronti al dialogo con tutti, ma le regole non sono oggetto di concertazione», ribatte Bersani. L’idea del ministro è che se il «pacchetto concorrenza» non fosse stato preparato in segreto, ma discusso pubblicamente al tavolo con le parti sociali, non avrebbe mai visto la luce. Ora, la discussione è aperta, e le norme possono essere arricchite «anche con il contributo dell’opposizione». Al ministero dello Sviluppo economico sta per esere aperto uno sportello informativo per consentire a tutti, categorie e parlamentari, di ottenere informazioni sulla riforma. «Domani (oggi per chi legge, ndr) - aggiunge Bersani - si riunirà il consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, e proporrò che venga messo a disposizione come supporto al Parlamento». Aggiunge il vicepremier Francesco Rutelli: «Siamo pronti al confronto per migliorare il decreto».
Il cammino parlamentare del decreto Bersani sarà tutt’altro che facile, e anche il ministro dello Sviluppo lo sa bene: da qui l’appello al centrodestra per un «consenso più ampio possibile». Ma, almeno per ora, le aperture della Cdl appaiono davvero limitate. Salvo il centrista Marco Follini, il centrodestra contesta vivacemente il metodo - oltre che, in parte, il merito - del decreto Bersani. «L’asimmetria è evidente - spiega Maurizio Sacconi, di Forza Italia -: quanta pazienza coi sindacati, quanti rinvii per ogni ipotesi di contenimento della spesa pubblica, quanta attenzione alla grande impresa, ma quale determinazione nei confronti del commercio e delle professioni. Il governo concerta con gli amici - aggiunge Sacconi - e procede secondo una logica punitiva contro i settori sociali ritenuti avversari». Parlare di rivoluzione liberale è «ridicolo», osserva Sandro Bondi: il decreto è «un’aspirina che non guarisce i mali endemici del sistema corporativo».
In An emergono differenze. Francesco Storace e Roberta Angelilli sono «pronti a scendere in piazza a fianco delle categorie colpite da Prodi». Mentre Adolfo Urso è disponibile al confronto sul merito.

«La Cdl - dice - deve alzare il livello della sfida, per una vera politica di liberalizzazione». Ma se il governo non ascolta le categorie, avverte Gianni Alemanno, «faremo ostruzionismo sul decreto Bersani in Parlamento».

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