L’imam di viale Jenner: "L’attentato alla caserma? Anche colpa dei giornali"

Abu Imad al Palasharp: «Si parla troppo male dei musulmani, così si fomenta il contrattacco»

«Un musulmano può resistere una o due volte, ma se continua ad ascoltare insulti contro il Profeta, le donne e l’Islam è naturale che possa perdere il controllo».
Arriva al punto dopo circa mezz’ora di omelia l’imam della moschea di viale Jenner, Abu Imad. Mezz’ora di diplomazia, di inviti a considerare qualunque atto terroristico immorale e contrario alla religione. Poi a un tratto s’infervora e punta il dito contro il mondo occidentale, ancora «razzista contro i musulmani», reo di voler «eliminare i simboli stessi dell'Islam». È questo - spiega - che può spingere qualcuno a «passare al contrattacco, a tirar fuori la rabbia causata da guerre e soprusi», basta vedere «tutto quello che succede contro gli arabi in Palestina».
L'imam parla quattro giorni dopo l'attentato compiuto dal libico Mohamed Game contro la caserma di Santa Barbara. E lo fa al Palasharp, durante la preghiera del venerdì. «Qualcuno continua a insultare la nostra fede - ripete più volte -, qualcuno ci addita come terroristi. Succede in tutto il mondo, anche qui. Questo può spingere qualche persona a passare al contrattacco». E poi se la prende con la stampa internazionale: «Quello che fanno i giornalisti di tutto il mondo è parlare male dell’Islam, così la gente si arrabbia. Nel mondo occidentale chi parla male dell’Islam riceve un microfono ed è aiutato a fare i suoi discorsi. Ma se poi siamo noi a parlare male dell’Occidente veniamo fermati, e indagati».
Ad ascoltare l’imam - condannato in primo e secondo grado per terrorismo e ora in attesa del giudizio della Cassazione - ci sono almeno 1.500 persone. In silenzio, piegate sulle ginocchia, prestano attenzione alle parole del predicatore.
«L'Islam non appoggia questi attacchi - urla Abu Imad -, lo abbiamo sempre detto. Dopo l’attentato in America qualcuno era contento. Ma noi abbiamo sempre detto che non sarebbe più dovuto succedere. Anche dopo Londra e Madrid». Perché, prosegue, «in questo momento non si può fare. Adesso dobbiamo rispettare i patti fra noi e lo Stato in cui viviamo», per questo «i motivi che spingono all’odio vanno eliminati alla radice».
L'imam trova anche il tempo per attaccare il ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Non lo nomina, ma il riferimento è chiaro: «Se qualcuno fa qualcosa di sbagliato non si deve chiudere la moschea. Chi vuole chiudere le moschee sbaglia». Quindi passa al velo sul viso delle donne: «Perché insultano la donna musulmana che vuole coprire il viso? Dov’è la libertà? Perché la libertà si blocca di fronte a noi? Bisogna fare giustizia, altrimenti non possiamo garantire quello che succede».
Circa un'ora più tardi alla caserma di Santa Barbara arriva proprio La Russa. Una visita «per portare vicinanza e solidarietà ai militari di questa caserma oggetto di un attacco terroristico», e per salutare in forma privata Guido La Veneziana, «un militare magnifico che ha fatto il suo dovere. Appena ha visto quello che stava succedendo ha intimato l'alt - sottolinea il ministro -. Non avrebbe esitato a sparare». La Russa non si scaglia contro l’idea di costruire una moschea a Milano, anche adesso. «È ancora da capire se serve davvero - dice -, ma non mi sono mai opposto alla libertà di culto. Dico solo che non bisogna confondere la libertà di religione con il fatto che esiste una presenza scura a Milano di gente che, all'ombra di quella religione, fa proselitismo o, peggio, terrorismo».

La Russa esclude che quello dell’attentatore sia stato un atto isolato: «Internet pullula di siti per costruire le bombe, ma non ho mai creduto al terrorista fai da te, che un giorno si sveglia e comincia a mettere insieme un ordigno. Credo nell’esistenza di cellule, perché senza un minimo di indottrinamento e collegamento non sarebbe possibile compiere atti di questo tipo. È su questi collegamenti che stiamo lavorando».

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