L’INTERVENTO

Ci hanno provato in tutte le maniere. Non c’è che dire. Prima Prodi apre un’asta definita giustamente «opaca» riguardante l’Alitalia, seguendo il metodo che gli è più congeniale: la svendita dei «gioielli di famiglia», come il caso Sme insegna. Praticamente un case-study. Un Prodi, più presidente dell’Iri in carica che premier, ha reso ancora più incerto il futuro di Alitalia, consegnando, armi e bagagli, ad Air France la compagnia di bandiera. Ipotecando, a suo dire, un risultato che Berlusconi ha reso a oggi praticamente irrealizzabile. Le condizioni di partenza sono mutate e anche i sindacati si sono messi giustamente di traverso a Spinetta.
Berlusconi ha di fatto già vinto, rendendo praticabile una cordata che non è affatto una fumisteria propagandistica, bensì una concreta possibilità alternativa. Come ha confermato Bruno Ermolli, senior advisor dell’investment banking Jp Morgan per l’Italia e presidente di Promos 2001, l’azienda speciale della Camera di Commercio di Milano. A nulla sono valsi gli attacchi sgangherati di Di Pietro, con le sue assurde accuse di insider trading, che rivelano soltanto una alquanto sospetta amnesia. Già, perché qualcuno ha commesso il reato di insider trading, è vero, ma non è stato Berlusconi, bensì il governo. La Consob è dovuta intervenire ben venti volte, da quando Prodi mise in moto la gara-non gara per la cessione di Alitalia. Venti volte! Dal 5 dicembre 2006 a febbraio 2007: Cardia ha fatto gli straordinari soltanto dedicandosi alla non-gara indetta da Prodi. Questi sono i fatti. Il resto è propaganda.
Ma non è tutto. A monte c’è stata un’intenzionalità politicamente dolosa, da parte del governo, che non ha neanche pensato al provvedimento più banale e urgente da adottare: ritirare il titolo Alitalia dalla Borsa, onde evitare manovre speculative. Manovre speculative, che sono oggi all’attenzione del solito Cardia, che richiama tutti alla responsabilità, senza distinzione alcuna. Il ragionamento di Cardia è, come al solito, lineare: «Quando un politico manifesta desideri o finalità da raggiungere può innescare movimenti del titolo e rendere squilibrato il mercato», osserva il presidente dell’Authority. Vero è che il titolo Alitalia ieri è schizzato a 0,5 euro, dunque questo movimento sulla compagnia di bandiera da parte di Berlusconi non fa così male al mercato. È piuttosto doveroso sottolineare come le colpe di Prodi e del suo governo siano all’origine di questo caos borsistico, e ciò proprio secondo le osservazioni già prodotte dalla Consob e sopra documentate.
L’esito politico del movimento di Berlusconi ha invece sortito grandi effetti. In ordine: ha rimesso all’ordine del giorno la valenza nazionale di una compagnia di bandiera; ha rimesso in discussione una trattativa con Air France che, oltre ad avere le caratteristiche di una vera e propria svendita, ha anche i contorni di una sorta di manovra speculativa preconfezionata; si è riaperta la partita con un più alto livello di sviluppo operativo della concertazione, secondo le giuste procedure dei rapporti industriali moderni in un moderno sistema capitalistico, con le parti sociali, non ultimi i sindacati, interessati alla nuova possibilità della cordata italiana; Spinetta stesso ha ammorbidito le condizioni manifestando, con ciò, le originarie intenzioni neocolbertiste, che non hanno tenuto né alla prova dei fatti, né alla prova del dialogo con le parti sociali.
Si riapre, così, il capitolo Alitalia, ma, con questo successo politico, si ridiscute anche delle sorti del sistema pubblico, dei beni pubblici e della loro redditività.

Cioè, in sostanza, si ridiscute seriamente del sistema-paese nel suo complesso, in primis nel suo profilo infrastrutturale, architrave imprescindibile per ogni possibilità futura di crescita economica, di sviluppo nazionale e di qualificazione dell’occupazione.
*Coordinatore nazionale di Fi

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