«L’Iran userà l’atomica se minacciato»

Se il buongiorno si vede dal mattino c’è da preoccuparsi. In Medio Oriente il 2007 rischia di venire ricordato come l’anno della grande paura nucleare e dello scontro tra la potenza sciita iraniana e le nazioni sunnite.
Lo fa capire il «faraone» Hosni Mubarak nell’incontro con il premier israeliano Ehud Olmert a Sharm el Sheik avvertendo che l’Egitto non esiterà, se minacciato, a sviluppare ordigni nucleari. «Non vogliamo armi atomiche - dice il presidente egiziano - ma queste sembrano ormai altamente diffuse in zona e noi dobbiamo difenderci».
Contemporaneamente, e per la prima volta in assoluto, il capo dei negoziatori di Teheran, Alì Larijani, spiega che nel caso si profili un attacco il suo Paese non rispetterà l’impegno a utilizzare l’energia nucleare solo per scopi pacifici. «Siamo contrari a possedere armi nucleari, useremo la tecnologia nucleare in modo pacifico e nell’ambito del Trattato di non proliferazione - afferma Ali Larjani da Pechino - ma in caso di minaccia la situazione potrebbe cambiare».
Le due dichiarazioni testimoniano la crescente tensione. L’Iran accelera la corsa al nucleare e fa sentire la sua pesante influenza in Irak e Libano. Egitto e Arabia Saudita, impotenti di fronte alla sfida delle milizie sciite in Irak e di Hezbollah in Libano, temono di ritrovarsi schiacciati da un Iran egemone e «nucleare».
Mubarak, pur rivolgendosi a un premier israeliano che ha ammesso, con un grave gaffe, il possesso di armi atomiche, fa chiaramente capire di esser più preoccupato dalla minaccia iraniana. «La posizione dell’Egitto è chiara dall’inizio degli anni ’90 quando a Bagdad davanti al presidente Saddam Hussein dichiarammo che il Medio Oriente deve essere libero da armi di distruzioni di massa». Il riferimento al «presidente Saddam» è chiaramente una sfida verbale a un governo iracheno considerato vassallo dell’Iran. Un’allusione per far capire che Mubarak pensa solo a Teheran quando ribadisce la necessità di «possedere armi appropriate anziché star seduti e aspettare un attacco che può scattare in ogni momento».
Sulla sfida nucleare iraniana si sofferma anche il presidente americano George W. Bush durante l’incontro a Washington con il cancelliere tedesco Angela Merkel. «Il mondo libero - sostiene il capo della Casa Bianca - vuole la pace, ma è difficile pensare a un futuro di pace mentre l’Iran si dota d’armi atomiche»
I leader iraniani, da parte loro, non sembrano attenuare la carica aggressiva. A Pechino Larijani non risponde agli avvertimenti del presidente Hu Jintao, che afferma di «condividere le preoccupazioni internazionali sulla questione nucleare» e invita l’Iran a offrire «una seria risposta alla risoluzione dell’Onu». A Teheran il vicepresidente Golarem Aghazadeh, capo dell’Agenzia atomica iraniana, annuncia l’immagazzinamento di oltre 250 tonnellate d’esafloruro di uranio pronto per l’arricchimento in una serie di tunnel resistenti a qualsiasi attacco nella zona di Isfahan.

A chiudere il coro contribuisce il presidente Mahmoud Ahmadinejad spiegando che «la burocrazia non fermerà gli sforzi della Repubblica Islamica per dotarsi della tecnologia nucleare. La nostra risposta alle vostre prepotenze - aggiunge - è farvi crepare di rabbia, la rabbia che covate per i nostri eccellenti risultati in campo nucleare».

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