L’irresponsabile fuga di Prodi

L’irresponsabile fuga di Prodi

Egidio Sterpa

Non è una polemica di poco conto quella scatenata dalla frase di Prodi che definisce truppe d’occupazione quelle italiane in Irak. La frase esatta, per la precisione storica, è questa: «Se il centrosinistra andrà al governo, i militari italiani in Irak saranno ritirati come truppe d’occupazione».
Senza dubbio in questa frase ci sono due affermazioni di forte rilevanza politica, peraltro opinabilissime. La prima: Prodi afferma che i nostri soldati in Irak sono truppe d’occupazione, tesi dei terroristi e dei guerriglieri iracheni e non del legittimo governo di Bagdad (eletto, non dimentichiamolo, democraticamente - non lo era Saddam - da otto milioni e mezzo di cittadini, pari al 58,3 per cento degli aventi diritto al voto) che chiede e insiste, perché i nostri soldati rimangano.
Questi sono dati inoppugnabili. Dunque, la reazione polemica del centrodestra - da Berlusconi a Fini, ed altri - non è, come scrive Repubblica, «barbarie politica» o addirittura «abiezione morale», ma semplicemente la legittima risposta ad un non condivisibile proposito e ad un’accusa espressi con leggerezza dal leader che si candida a guidare il Paese. «Sbagliata» (parola di Fassino) e «infelice» (parola di Rutelli) non è la reazione del centrodestra ma certamente, nella forma e nella sostanza, l’affermazione di Prodi.
È comprensibile che Ds e Margherita, i due maggiori partiti dell’Unione prodiana, accorrano in difesa del loro incauto leader, ma come si fa a negare la gravità di certe affermazioni? Le quali sono innegabilmente irragionevoli, se non proprio irresponsabili, perché si collocano sconsideratamente sul versante delle motivazioni del terrorismo.
Cerchiamo di restare, santo cielo, nell’ambito della civiltà politica. Da parte nostra, per esempio, proprio in nome di quell’equilibrio politico a cui non rinunceremo mai, non esitiamo a riconoscere che buona parte dell’opposizione ha dato segnali di responsabilità nel giudizio e nel voto sul decreto antiterrorismo approvato in Parlamento.
Non ci viene neppure in mente di considerare illegittima la contrarietà dell’opposizione alla missione in Irak e all’alleanza con gli Stati Uniti. Non illegittima, certo, ma sicuramente incomprensibile, irragionevole e antistorica.
Irragionevole è il proposito di ritiro dall’Irak, dove la missione italiana non spara ma assiste una popolazione che ha bisogno di aiuti materiali (abbiamo costruito ambulatori, per esempio) e di essere sostenuta nella costruzione di uno Stato democratico che garantisca libertà, serenità e benessere.
A proposito: c’è chi vorrebbe argomentare che Prodi ha affermato di voler ritirare i nostri militari «come truppe d’occupazione». Che vuol dire? Che li manterrebbe dichiarando che non sono truppe d’occupazione? Non cadiamo nel ridicolo, per favore.
Incomprensibile è l’antiamericanismo di una sinistra davvero antistorica. Facciamo nostre le affermazioni rilasciate in un’intervista da uno stimato collega, il riformista diessino Giuseppe Caldarola: «Insistere sulle colpe dell’Occidente e dell’America quando il terrorismo si rivolge contro le virtù dell’Occidente e degli Stati Uniti è sbagliato».
Francamente, è inspiegabile l’eventuale adesione al proposito prodiano di fuga dall’Irak di politici come Giorgio Tonini (pacifista di sinistra), che, recatosi a Nassirya in visita ai soldati italiani, ne è tornato scosso nelle proprie convinzioni (lo ha scritto con chiarezza e onestà), dicendo che i nostri militari laggiù non sono forza d’occupazione. O come il deputato Fioroni della Margherita, il quale ha dichiarato (testuale) che «lasciare oggi Nassirya sarebbe come togliere una scialuppa di salvataggio a gente colpita da una cannonata in mare».
Potremmo aggiungere altre argomentazioni, come, per esempio, che il ritiro dall’Irak è un venir meno ad impegni internazionali, e, last but not least, per dirla all’inglese, ci ridurremmo al rango, come ha rilevato recentemente con malanimo Chirac, di mancatori di parola.

«L’Italie - è la frase dell’uomo dell’Eliseo - est toujours la même».
Ma queste sono argomentazioni che certi nostri connazionali non vogliono neppure considerare. Lasciamole stare, dunque. Ce le teniamo per noi.
E amen.

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