L’Italia è la più forte solo all’ombra del podio

Quinto posto, Francia battuta. Montali: «Abbiamo diritto a un’altra chance». L’addio di Papi

Francesco Rizzo

Il sito Globoesporte.com ha lanciato il sondaggio: in quale nuovo campionato dovrebbe misurarsi il Brasile di volley? Nessun dubbio per oltre due terzi dei votanti: mandateli ai mondiali di calcio. Dante, Ricardo e Gustavo farebbero meglio di Dida, Kakà e Ronaldinho. Effetti dell'ubriacatura d'oro scatenatasi dopo l'arrivo della notizia da Tokyo: sotto rete il Brasile si conferma iridato, anzi, geloso signore del gioco, se aggiungete oro olimpico, quattro World League di fila, argenteria assortita. «Abbiamo ripetuto il successo del 2002 perché avevamo la stessa fame», detta il ct Bernardinho, ma quella fame non basterebbe senza talento e organizzazione. Lo sa bene la sorprendente Polonia, dieci vittorie su dieci partite, unica imbattuta eppure travolta in finale dal ciclone sudamericano, 3-0, parziali a 12, 22, 17. Al termine, il martello verdeoro Giba sforbicia l'assegno destinatogli come miglior giocatore del torneo, 100.000 dollari, metà per sé e metà per la squadra: Giba è uno dei nove brasiliani che giocano da noi. Di polacchi, invece, ce ne sono solo un paio e il loro ct, l'argentino Lozano, fu esonerato da Macerata due anni fa, benché primo in classifica. Quanto ai bulgari, bronzo dopo il 3-1 ai serbi, si esibiscono tutti altrove. Non più troppo vero che siamo l'Nba del volley.
Come nel 2002 l'Italia chiude quinta, nello spareggio batte 3-0 (a 19, 17, 28) la Francia, proprio il rebus spesso irrisolto nel 2006 e si dimostra, se non altro, la squadra più brava a trovare motivazioni nella lotta all'ombra del podio: bene Cisolla (15 punti), Semenzato in battuta si conferma una bella novità. Ma eravamo partiti sognando altro, non un mondiale di rincorsa segnato fin dal debutto dal ko con i forzuti bulgari, un 2-3 subìto sparando cattive cartucce alla fine del secondo set e nel tie break: con il rally point system e questa formula, una partita e un mondiale possono sfuggire come una saponetta. Poi il Brasile ci ha stesi e ci ha spenti. Il resto è statistica. E valutazioni.
La prima l'ha fatta Samuele Papi, il martello marchigiano classe 1973, iridato ad Atene e Tokyo, tre medaglie olimpiche: a quota 339 presenze lascia, commosso, la nazionale: «A questa maglia ho dato tanto e tanto lei ha dato a me. Dopo dodici anni non bisogna esagerare». «Samu» si congeda alla fine della peggior stagione dell'era Montali, inasprita dalle frizioni di settembre fra giocatori (tra cui Papi) e tecnico, dalle solite schermaglie con i club sul tempo a disposizione per preparare il mondiale. Un mondiale che lascia domande. Sugli equilibri nel gruppo, tanto che nei giorni scorsi circolavano nomi di possibili nuovi ct, come il brasiliano Renan Dal Zotto o Fefè De Giorgi, sul potenziale del nostro volley, sull'identità dei giovani, futuribili azzurri e lo spazio offerto loro in A. Montali, però, mostra fiducia. «Ora non abbiamo gli occhi della felicità, ma quelli delle persone serie. La pallavolo mondiale è molto equilibrata e le vittorie o le sconfitte dipendono da pochi particolari.

Avremmo dovuto lavorare di più sul cambio-palla, non c'è stato il tempo. Ma questo gruppo è ancora valido e ha diritto ad un'altra possibilità». I prossimi mondiali saranno in Italia nel 2010. Ma prima ci sono i Giochi di Pechino. E, molto prima, domande a cui dare risposta.

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