L’Italia è pregata di rimanere in attesa

Ecco Luca Goldoni con un nuovo libro (Chiaro e tondo, Mondadori, pagg. 187, euro 10), che si occupa come i precedenti degli italiani. Ossia un libro di costume, anzi di malcostume, che con noterelle appuntate via via spiega di che pasta è fatto questo straordinario, sorprendente (ma anche deprimente) nostro Paese.
Leggo volentieri Goldoni perché in un’Italia dove imperversano sia l’adulazione smaccata sia il sarcasmo cattivo, ha doti d’ironia leggera - che non significa fatua - e d’umorismo sorridente. Inoltre lo leggo volentieri perché come me ama gli animali. Il suo pastore tedesco Full mi è ormai familiare. A dire il vero, Goldoni non gli fa fare una gran figura in uno dei capitoletti del volume. Spiega come e qualmente il suddetto Full, poiché soffre alle articolazioni come ai cani di grossa taglia succede sovente, sia dal premuroso padrone tenuto lontano dall’umidità, e asciugato coscienziosamente se appena un po’ di pioggia gli intride il pelo. Senonché Full «va a mettersi nel laghetto delle carpe, esce grondante e vive eternamente fradicio». Rivelando questa insensatezza di Full, e definendolo un «furbetto della salute», Goldoni si espone all’accusa di violazione della privacy.
Ma questa volta non voglio cogliere, tra i molti offerti da Chiaro e tondo, gli spunti bestiali. Preferisco un tema serio, dibattuto nientemeno che da famosi giuslavoristi ed economisti sui maggiori quotidiani. È il tema dei nullafacenti: ossia di quegli appartenenti al pubblico impiego che si trincerano dietro la mole dei fascicoli o faldoni, che ereggono il fancazzismo a stile di vita. Goldoni affronta l’argomento alla sua maniera: con osservazioni divertenti e con esempi pratici. «Forse ci sono dipendenti - spiega - che si svegliano al mattino e pensano incarogniti a tutti i cavilli cui potranno attaccarsi nell’arco della loro grigia giornata. Ad accrescere l’infelicità del cittadino ci si mette anche la dilagante moda delle risposte telefoniche automatiche e registrate. Il congegno ti dà istruzioni: “Premi uno se vuoi l’ufficio A, due per il B, tre per il C”. E conclude: “Se cerchi un operatore premi quattro”. Ma scatta fulmineo un nuovo disco: “I nostri operatori sono momentaneamente occupati” che si ripete all’infinito».
Se il telefono non serve cosa fai? «Prendi la macchina e ti rechi sul posto, dove c’è un funzionario che conosci. Ti aggiri tapino per i corridoi del grande ente, incontri un tipo che esce da una stanza, gli domandi (quasi prostituendoti in scuse) se ti sa dire dove puoi trovare il tale. Con aria vilipesa ti dice di rivolgerti all’usciere. Quando finalmente rintracci chi cercavi scopri che lavora nella medesima stanza da cui è uscito il tizio vilipeso».


Troppo negativa questa storia dei «monsù travet» italiani, assai dissimili ormai dal loro zelante modello piemontese? Può darsi. Generalizzare è pericoloso. E poi, secondo i sindacati, «il problema è a monte», «ben altre sono le disfunzioni»... A forza di «a monte» e di «benaltrismo» l’Italia è quella descritta da Goldoni.

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