L’orrore dello tsunami nei «clic» dei reporter

Barbara Silbe

Una manciata di scatti accurati e senza retorica. Consiste in questo la piccola mostra dal titolo «Tsunami», aperta fino al 25 settembre alla Galleria Carla Sozzani di Corso Como 10. Raduna opere di cinque fotoreporter internazionali, che hanno prestato la loro arte alla documentazione e al no-profit. Gary Knight, Antonin Kratochvil, Joachim Ladefoged, James Nachtwey e John Stanmeyer, questi i loro nomi (membri o fondatori dell’agenzia VII, rappresentata in Italia da Grazia Neri), testimoniano gli effetti di una delle più gravi devastazioni della storia recente. Un estratto del loro lavoro finisce esposto - anticipazione di una rassegna più ampia ancora da definire - mentre l’insieme delle 44 fotografie fa già parte di un libro, pubblicato da «de.MO edizioni» di Millbrook, New York, e la mostra diventa solo un pretesto per promuovere la vendita del volume: grande formato, da sfogliare come un quotidiano, punta a interessare appassionati e collezionisti. L’idea è di Giorgio Baravalle, titolare di de.Mo, origini torinesi, una formazione da grafico e una vocazione da benefattore, che devolverà il ricavato delle vendite all’associazione americana Doctors of the World, che opera anche nel Sudest asiatico, dando un senso compiuto alla sua attività imprenditoriale.
Nessun morto inquadrato, scelta elegante. Solo visioni sghembe, dall’alto, case diroccate, soccorsi, campi profughi. Colori grevi, detriti e acqua in ogni anfratto. Le scene sono fermate a una settimana dalla tragedia a Banda Acheh e sulla costa orientale dello Sri Lanka. Sono i primi momenti della ricostruzione, quando si ricomposero i resti di cose e persone, scelti da chi ha compreso che era già stato detto e catalogato tutto, anche troppo.

E in una società bombardata dai mezzi di informazione, da fotogrammi dettagliati e invasivi che non risparmiano nemmeno il pudore della morte, cinque autori riescono ancora a sorprendere offrendoci una narrazione schietta, eppure piena di poesia.

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