L’Udc minaccia la Cdl ma poi si zittisce da sola

Gioco di nervi dei centristi sulla leadership nella coalizione. L’ex presidente della Camera: «Nessuna polemica, solo idee diverse sul futuro del centrodestra»

Fabrizio de Feo

da Roma

Tra strappi e ricuciture, stoccate polemiche e parate diplomatiche, l’Udc continua nella sua strategia di logoramento della leadership di Silvio Berlusconi. Una politica degli «stop and go» a cui concorrono con dichiarazioni incrociate il segretario del partito, Lorenzo Cesa, calato questa volta nel ruolo del «cattivo», e il leader centrista Pier Ferdinando Casini, a cui spetta il compito di stemperare i toni e recuperare il filo del dialogo con gli alleati.
Il primo affondo arriva in mattinata. «La Casa delle libertà non esiste più. Ci sono solo i partiti che di volta in volta si ritrovano su determinati argomenti. Berlusconi è fuori luogo. Non si può parlare adesso di leadership perché il tema non esiste» dichiara Cesa in una intervista al Quotidiano Nazionale. «Nel momento in cui abbiamo approvato - continua il segretario - una legge proporzionale, diventa fuori luogo parlare di chi fa il leader. Le elezioni sono lontane: quando ci sarà l’esigenza di sceglierlo lo faremo. Adesso ci sono Udc, An, Lega e Forza italia. E il Cavaliere è il leader di Forza Italia». L’Udc, insomma, fa sapere che l’elaborazione di una strategia comune e, soprattutto, la riscrittura di un nuovo patto interno alla Cdl sono prospettive lontane. E le vecchie gerarchie di comando sono ormai definitivamente tramontate.
«Le battaglie di questi giorni - spiega Cesa - le abbiamo fatte perché ci credevamo, non per smarcarci da Berlusconi. Un mese fa, quando abbiamo detto che avremmo votato il decreto di rifinanziamento della missione in Afghanistan pensavamo di dire un’ovvietà. Pensavamo che ci sarebbero subito venuti tutti dietro. Certo vedere che il Cavaliere prima ci critica e poi ci segue è politicamente una bella soddisfazione». Cesa posa l’ennesima pietra tombale sul progetto del partito unico del centrodestra. «Il partito dei moderati è congelato e poco attuale. Questo è il momento di rafforzare ruolo e identità dei singoli partiti. Se ne sono accorti anche nel centrosinistra, dove la strada del partito democratico è tutta in salita. E poi in Italia il partito dei moderati gia c’è. È l’Udc che è cresciuto costantemente negli ultimi anni e che oggi, attestato sul 7%, ha ampiamente superato la soglia della maturità».
Fin qui Cesa. Ma nel pomeriggio il sasso viene raccolto da Pier Ferdinando Casini che si incarica di smussare e levigare gli angoli più taglienti con parole intinte nell’inchiostro della diplomazia. Una ricucitura parziale che non va, però, a smentire la sostanza del messaggio. «Fa bene Berlusconi a rimanere in campo: lo deve ai suoi elettori e al popolo del centrodestra. Per quanto mi riguarda l’avversario politico è Prodi e il centrosinistra». Casini ribadisce che «con Berlusconi c’è un rapporto di stima reciproca e di collaborazione nell’organizzazione dell’opposizione che deve essere efficace e efficiente: a tal proposito è necessario sollecitare tutti i parlamentari a una maggiore presenza in Parlamento». Quanto alle polemiche sul futuro del centrodestra Casini sottolinea: «Nessuno scandalo e nessuna polemica. Ci sono solo idee diverse sul futuro del centrodestra. D’altro canto è quanto capita in Francia oggi tra Chirac e Sarkozy ed è capitato tra Kohl e Angela Merkel. È fisiologico che si discuta». Quando, però, i cronisti gli sottopongono la questione più importante, ovvero se Silvio Berlusconi resterà o meno il leader della Cdl, Casini preferisce glissare: «È una domanda alla quale non voglio rispondere. Non è mia intenzione alimentare nuove polemiche». Chi, invece, non ha dubbi sul diritto alla leadership di Silvio Berlusconi è il segretario della Dc, Gianfranco Rotondi.

«Al mio amico Lorenzo Cesa voglio dire che forse la Casa delle Libertà è morta, ma Berlusconi gode di ottima salute ed è per Forza Italia, la Lega e la Democrazia Cristiana il leader che può ancora rappresentare tutti gli italiani che non sono di sinistra».

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