Non sono un qualunquista. So bene che la politica ha dei costi e che i nostri parlamentari, a cominciare da quelli europei, hanno tutto il diritto di esser pagati per il lavoro che svolgono. E però a tutto c’è un limite, soprattutto quando a casa – complice la crisi globale – si chiede di stringere la cinghia. Perché un conto è riempire il portafogli col sudore della propria fronte nell’interesse se non del proprio paese, almeno dei propri elettori. Altro è farlo in maniera esagerata disertando le sedute, frodando sui rimborsi aerei, divenendo leggendari per le transumanze o per i rientri in patria, magari per andare a occupare soltanto una poltroncina di decima fila.
L’Europa – che lo si voglia o no – è ormai parte integrante della nostra vita: dagli orari di lavoro alle confezioni monouso dei bar, dai costi telefonici alla libera circolazione di tutti i suoi cittadini – compresi dunque rom e quant’altri – fino agli sgravi fiscali per le energie alternative. È stato calcolato che ormai il 60% ed oltre della produzione legislativa di Camera e Senato è il frutto di recepimento di direttive comunitarie. Vogliamo continuare a dire che la Ue a 27 è una astrazione che non ci interessa? Lo si faccia pure. Senza però stupirsi quando da Bruxelles ci piovono sulla testa indicazioni di marcia che ci lasciano esterrefatti: le hanno decise gli «altri», visto che gli italiani non c’erano. E se c’erano dormivano. Mi raccontava il vice-presidente di Confindustria Andrea Moltrasio della sua fatica per far capire ai colleghi imprenditori l’importanza della Ue: «A tutti dico che a furia di rifiutare le sue portate, si rischia alla fine di esser compresi nel menù...». Pochi, pare, lo stanno a sentire. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Fra un mese esatto si torna a votare. Io credo nessuno debba disertare l’appuntamento. Ma dopo aver vissuto a lungo l’esperienza europea mi piacerebbe che i cittadini, visto che si possono esprimere 3 preferenze, scegliessero non i più noti ma almeno i più affidabili. Gente che sa parlare lingue straniere, che garantisce la sua presenza, che sia attrezzata per capire i dossier molto tecnici che là si elaborano.
E a chi verrà eletto chiedo fin d’ora un serio impegno. Dalla prossima legislatura, lo stipendio degli europarlamentari diviene uguale per tutti: intorno ai 5mila euro netti al mese (fino a ieri ogni paese pagava le medesima cifra concessa ai parlamentari nazionali, il che faceva degli italiani i più retribuiti con oltre 11mila euro al mese cui occorreva aggiungerne almeno altri 20mila di rimborsi vari). So che esiste la possibilità di ricorrere ad alcuni escamotage per tornare a prendere le cifre di prima, ma mi piacerebbe che chi si candida chiarisse fin d’ora che non avanzerà nessuna richiesta del genere.
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