L’ultimo «sballo» della notte romana? Bersagliare Trilussa

Lanci di bottiglie, spray sui monumenti, gare di salti dalle balaustre: va di moda il passatempo «vandalico»

Valeria Arnaldi

Bottiglie di vetro, per lo più di birra o di «ready to drink», cocktail ipercolorati a bassa gradazione alcolica, amati dagli adolescenti. Bicchieri di plastica rotta, tappi, rossetti, un libro. Ogni oggetto va bene per l’ultimo dei tanti giochi vandalici della notte romana, il «lancio» da Ponte Sisto. Si fa a chi tira più lontano, mirando nel Tevere, a chi tira più vicino, cercando di colpire il ponte, si tenta di far sì che le cose lanciate restino sui contrafforti, o si prova, con colpi ben assestati, a far cadere quelle degli altri.
Nato per caso e per sfregio di un fiume ritenuto, per l’evidente sporcizia, una sorta di discarica, il fenomeno ha fatto la sua comparsa con l’Estate Romana, quando gli argini erano occupati da stand di bar e locali. Bevuta la bibita, il contenitore veniva lanciato in acqua contro le arcate del ponte e le papere che le abitano. Da casuali, i lanci sono diventati prove di abilità, ma del «sotto ponte» ci si è stancati. Ingrediente fondamentale del vandalismo è la visibilità e così i giocatori hanno cominciato a sfidarsi dall’alto, trasformando il vezzo di pochi nella gara di molti. Gli argini sono diventati teatro di un’altra mania: il campeggio con vista sul fiume. Si monta la tenda e si passa la notte, cullati dal rumore del fiume, meglio se in coppia. Camping romantici vengono improvvisati in varie zone, da Villa Borghese al laghetto dell’Eur.
Lanci anche a piazza Trilussa: il monumento al poeta viene colpito con bottiglie o sporcato con inchiostri e vernici. Che i monumenti siano il primo obiettivo dei vandali non è una novità. Al di là delle scritte più evidenti, si afferma la tendenza a firmare le opere. Ne è un esempio la statua di Marco Minghetti, in piazza San Pantaleo, da lontano pulita, ma a ben guardare usata per «appunti». Di pulizia apparente non può che parlarsi per la teca realizzata da Meier per l’Ara Pacis. Il total white voluto dall’architetto - da molti ritenuto eccessivo per la città - si mantiene tale solo a distanza. Avvicinandosi alla struttura, si notano centinaia di segni neri, impronte di suole di scarpe e «strusci».
A lasciarli sono i giovani che hanno scelto la zona come ritrovo, attirati dalla scalinata - dalle più corte alle monumentali, le gradinate sono tradizionalmente usate nella capitale come comode sedute - e dalla successione di balaustre e muretti, ideali per poggiarsi, arrampicarsi, scendere o esibirsi in salti più o meno alti e coreografici. I segni non sono solo le conseguenze di tanta attività, ma anche intenzionali «graffiti». Senza vernice il reato non c’è, ma la macchia rimane evidente. D’altronde, i writers sono alla continua ricerca di mezzi e superfici per esprimersi. Così sono comparsi gli stickers sulla segnaletica a nasconderne le indicazioni, e così gli stencil spray. Dalle due mode, la terza: lo sticker-silhouette per il semaforo. Soprattutto in centro, il «verde» abbandona il tradizionale tondo per farsi cuore, quadrifoglio o stella. La modifica è semplice: basta ritagliare la forma su un tondo di carta adesiva nera e incollarla sulle luci del primo semaforo a disposizione. Scritte colorano l'asfalto per «serenate» spray alla bella di turno che vede quel punto di strada dalla finestra. Nessuna remora nello sporcare la città, anzi, gli stessi rifiuti ispirano i nottambuli nella creazione di istallazioni di immondizia per incuriosire i passanti. Non c’è quartiere che ne sia privo - i rifiuti abbondano ovunque - le più diffuse sono realizzate con scarpe, le più irriverenti sotto i marmi che intimano «a tutte le singole persone che non ardischino di buttare immundizie di sorte alcuna».


Tra gli svaghi che vanno «oltre» non mancano quelli sui suk. Protagonisti ne sono i giovanissimi che, improvvisato un banco, si mescolano agli extracomunitari, vendendo giocattoli e giornaletti. L’importante non è guadagnare ma avere una foto da mostrare agli amici.

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