L’Unione frana sulla Difesa e teme l’effetto valanga

Mastella minimizza: «L’ho sentito, resta con noi». Ma Russo Spena (Prc) avverte: «Venti senatori oscillano tra i due Poli»

Roberto Scafuri

da Roma

C’è il lato umano della vicenda. Nel quale i destini del presidente e della vicepresidente della commissione Difesa del Senato si incroceranno ancora, e le previsioni non sono di rose e fiori, tra l’ex cronista napoletano soprannominato «Mariuolo pensiero» e l’ex partigiana caduta nell’imboscata. Anche perché lui, Sergio De Gregorio, 46 anni, dice di aver risposto a un «richiamo patriottico» mentre il suo capo, Antonio Di Pietro, l’ha già sconfessato pubblicamente. «Ma quali motivi patriottici! Lo ha fatto perché gli è convenuto...», scrive Di Pietro sul suo sito. E anche perché lei, Lidia Menapace, classe ’24, seppur giornalista e seppur sconsigliata vivamente di rilasciare interviste, da donna generosa ha risposto con fierezza: «Non nascondo le mie idee!».
Con il passare delle ore, le posizioni non cambiano, non interviene alcun ripensamento da nessuna delle parti. Lui si tiene la poltrona e la sua massima «utilità marginale» nell’Unione, magari ghermita «con procedure un po’ sghembe» (come minimizza il Clemente Mastella); lei non si è pentita neppure di aver definito le Frecce Tricolori «inquinanti», manco fossero Tupolev sovietici in servizio di linea urbana. E neppure Rifondazione ha intenzione di deporre l’ascia di guerra, perché, sostiene il capo dei deputati, Gennaro Migliore, «per noi questo personaggio resta e resterà illegittimo finché non si dimette... Peraltro è un millantatore, sostiene di aver avuto telefonate di pressione da parte di esponenti delle Forze armate, ma sarebbe molto grave pensare che un corpo dello Stato abbia tentato di influenzare il Parlamento, organo sovrano». Certo, attenua il segretario Franco Giordano, «noi poi siamo pacifisti», ma la triste realtà è pur sempre quella di «un atto sgradevole, di mercimonio e trasformismo». Resterà dunque una tregua armata: non tra Prc e Italia dei Valori (ieri Giordano e Di Pietro si sono sentiti e pacificati), quanto tra settori della maggioranza che restano sommersi, e le cui mosse sono difficilmente prevedibili. «Un fatto politico dalle conseguenze incalcolabili», avverte il senatore Paolo Guzzanti (Fi), lasciando capire che De Gregorio potrebbe fare il salto della barricata. Un fatto che non manca di preoccupare molto Fausto Bertinotti e di turbare Romano Prodi. Tanto da far convocare l’astuto De Gregorio ieri sera a Palazzo Chigi, dove il sottosegretario Ricky Levi gli ha chiesto conto di alcune affermazioni (quelle sulle pressioni ricevute dalle Forze armate) e preteso rassicurazioni sulla sua lealtà. E da far intervenire il ministro della Difesa Parisi, quando il rifondatore Gigi Malabarba chiamerà in causa l’ammiraglio Di Paola come presunto responsabile delle pressioni a De Gregorio («Affermazioni di gravità inaudita, su queste cose non si scherza. Se sa qualcosa, lo denunci pubblicamente», dirà Parisi).
Basterà questo a frenare il contagio dell’epidemia degregoriana? Qui sta il punto, spiegano i due capigruppo rifondatori, Migliore e Giovanni Russo Spena: «L’esempio di De Gregorio, se non viene subito circoscritto, rischia di fare proseliti e mettere davvero a rischio la maggioranza, di far saltare tutto». In ballo non c’è una poltrona per la Menapace, ribadiscono i rifondatori declinando l’offerta di «risarcimento» con un’altra presidenza (quella della commissione Ue). Rifondazione chiede piuttosto un vertice urgente dell’Unione, riconoscendo che «la maggioranza non si è divisa e ha votato compatta per la Menapace». Da affrontare, per Prc, è il problema di quella «zona grigia di una ventina di senatori - spiega Russo Spena -, che oscilla tra i due poli e rende indifferibile un riassestamento nella composizione delle commissioni bicamerali». L’incontro di «chiarimento», aggiunge Migliore, servirà anche a capire come «rendere sterile questa pratica, prima che altri senatori possano sentirsene attratti...». Un cordone sanitario da stendere subito e da consolidare, di qui all’autunno, con «il voto compatto sul referendum, un Dpef di rigore, il superamento dello scoglio delle missioni militari», dice Russo Spena.
Resta ancora da valutare che tipo di impatto abbia già prodotto l’affaire sulla «zona grigia». Il cattivo esempio si alimenta, paradossalmente, con la permanenza di De Gregorio nell’Unione: inietta un virus ancora più temibile, in grado di avvelenare i pozzi. «Noi comunque faremo i conti della maggioranza con uno in meno», annuncia Migliore. Ma non mancano di destare sospetto le parole di condanna tenue di Francesco Rutelli («Per le commissioni è andato tutto bene, la vicenda De Gregorio è stata solo una pagina poco entusiasmante») e soprattutto quelle di Mastella. Rapido almeno quanto «Mariuolo pensiero» nel compiere una telefonata che sa tanto di congratulazioni: «Ho avuto con De Gregorio un amichevole scambio di opinioni, da campano a campano... - racconta con gusto -. Lui resta con noi, chi ha gridato al ribaltone si metta l’animo in pace».

Sì, forse la Cdl dovrà mettersi l’animo in pace, sapendo però che l’Unione d’ora in avanti l’animo l’avrà in subbuglio, pronto a piombare nel tumulto a ogni stormir di fronde. Attendendosi un De Gregorio dietro ogni angolo di Palazzo Madama.

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