L’unità a sinistra finisce in macerie sul Terzo valico

Dell’opera gia avviata dal Polo non c’è traccia nel programma. Margherita e Ds: «Infrastruttura strategica». Ma Verdi e Pdci: «Tutto da discutere»

Ferruccio Repetti

da Genova

L’Unione ha fatto finta di dimenticarsene: nelle quasi trecento pagine del programma elettorale della coalizione di Romano Prodi, neanche una riga è riservata al Terzo valico ferroviario, la linea ad alta capacità Genova-Milano inserita nella legge Obiettivo e già «cantierata», con tanto di lavori in corso e risorse finanziarie adeguate. Troppo scomodo certificare nero su bianco l’intenzione di portare a termine un’infrastruttura che il governo Berlusconi è riuscito a sbloccare dopo decenni di colpevole disinteresse della sinistra. Soprattutto scomodo inserire in agenda il Terzo valico, in questi tempi di comitati anti-Tav che ricevono la solidarietà e anche qualcosa di più dai Verdi di Alfonso Pecoraro Scanio e dai Rifondatori comunisti di Fausto Bertinotti: meglio, molto meglio ignorare, anche se si potrà sempre dire - l’hanno fatto, pur con qualche imbarazzo, numerosi esponenti dell’Unione - che non c’è stato errore od omissione, ma solo «un dovere di sintesi».
E se il presidente della Regione Liguria, il diessino Claudio Burlando, si affretta a ribadire il valore strategico dell’opera, provvedono subito alcuni partner della maggioranza di sinistra che lo sostiene a sistemare a loro modo le cose, in linea con le posizioni assunte dai contestatori a livello nazionale e collaudate in Val di Susa: il tracciato non c’è, nel programma della coalizione - confermano Verdi e Rifondazione anche a livello locale - perché bisogna ridiscutere tutto. Altro che dimenticanza.
L’arrampicata sugli specchi, dunque, non fa che ufficializzare la spaccatura che, sulle grandi opere in genere, e sul Terzo valico in particolare, esiste e resiste all’interno dell’Unione: da una parte, la Margherita che, a partire dal responsabile economico Enrico Letta, riconosce la linea Genova-Milano come prioritaria per lo sviluppo dell’intero Nord Ovest; dall’altra, ambientalisti e comunisti «di lotta e di governo» che preannunciano barricate se solo i lavori del Terzo valico andranno avanti «senza il preventivo consenso delle popolazioni interessate». In mezzo, i diessini che cercano di «addormentare la palla a centrocampo» nella prospettiva di disinnescare una delle tante mine disseminate sul terreno dell’accordo elettorale.
Tutto questo, a dispetto dell’importanza di un’infrastruttura attesa da più di un secolo - se n’è cominciato a discutere, elaborando studi di fattibilità, fin dal 1903! - e giudicata fondamentale all’economia del Paese, nella prospettiva di collegare in un’unica soluzione «veloce» Rotterdam con lo scalo di Genova, naturale porta d’ingresso per l’enorme flusso di merci provenienti dal Far East. È questo che ha convinto, a suo tempo, anche i più incerti fra amministratori e operatori economici sulla bontà dell’opera: lo scenario, che si sta già configurando, è quello di un deciso incremento dei traffici via mare. Le navi che attraversano il Mediterraneo cercano porti dove scaricare e caricare in fretta la merce, in particolare i contenitori, che devono essere altrettanto rapidamente smistati.
Il sistema portuale ligure, con Genova capofila, potrebbe essere l’approdo più conveniente e naturale, se solo fosse dotato di adeguate infrastrutture, in particolare di una ferrovia «dedicata». Il Terzo valico, appunto.

Che consentirebbe, fra l’altro, l’interconnessione con il Corridoio 5, l’asse trasportistico europeo, il mercato europeo. Ben oltre gli interessi di una città o di un fazzoletto di territorio, ma soprattutto al di là delle evidenti spaccature dell’Unione.

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