
Nella lotta alla mafia a Milano e in Lombardia serve l'impegno di tutti perché per batterla bisogna toglierle la sua linfa, il consenso sociale. E in questo senso potrebbe anche servire che il Comune di Milano e in generale quelli del territorio lombardo si costituiscano parte civile nei processi di criminalità organizzata.
Il messaggio speranzoso è chiaro e forte. Lo hanno diffuso ieri sera il procuratore della Repubblica Marcello Viola e la sostituto procuratore della Dda Alessandra Cerreti nell'aula consiliare di Palazzo Marino dove sono stati invitati dal sindaco Beppe Sala e dalla presidente del Consiglio comunale Elena Buscemi decisi a manifestare loro solidarietà dopo le minacce di morte ricevute a fine gennaio. Minacce che hanno fatto scattare un innalzamento delle misure di sicurezza per i due magistrati, già sotto scorta. Viola ha lavorato anni tra Palermo e Trapani, in prima linea nella battaglia a Cosa nostra. Adesso però i livelli di attenzione sono massimi perché gli inquirenti temono un collegamento con l'inchiesta «Hydra» del Nucleo investigativo dei carabinieri e della Dda che proprio di recente ha ottenuto la conferma degli arresti dalla Cassazione, dopo che il Riesame aveva accolto il ricorso della Procura per 41 indagati in seguito alla bocciatura a ottobre 2023 da parte del gip di 142 istanze di misura cautelare su 153.
Un incontro, quello di ieri sera, a cui erano stati invitati a partecipare consiglieri e giunta, ma anche i rappresentanti delle istituzioni e le forze dell'ordine «per dare un segnale chiaro e sostanziale a nome della città di Milano a chi pensa di poter intimidire i due magistrati perché le istituzioni milanesi sono dalla parte della gente per bene, che lavora e s'impegna per contrastare la criminalità organizzata» come ha voluto sottolineare Buscemi. Dopo l'intervento di Sala che si detto «preoccupato» per quanto si è radicata la criminalità organizzata a Milano, ma ha voluto anche riaffermare la convinzione che la lotta contro la malavita organizzata va condotta soprattutto «qui, dove le mafie vogliono far sentire la loro presenza», ricordando i quasi trecento immobili confiscati alle organizzazioni mafiose e adesso a disposizione di Palazzo Marino per varie attività sociali, è stata la volta del professor Nando Dalla Chiesa. Il presidente del Comitato Antimafia del Comune di Milano ha messo in guardia sul ruolo dei mafiosi che «leggono la storia e soprattutto quella presente. Per questo evidentemente hanno degli elementi concreti che li hanno convinti di poter minacciare seriamente e poter attentare alla vita di questi due magistrati».
Dopo Pietro Basile, referente dell'associazione «Libera», del vice presidente della scuola «Antonino Caponnetto» Giuseppe Teri e di Francesca Bommarito, sorella di Giuseppe, appuntato dei carabinieri ucciso a Monreale dalla mafia nel 1983, è stata la volta del procuratore capo Viola che ha detto subito di apprezzare moltissimo la manifestazione di solidarietà e vicinanza del Comune. Dopo aver accentuato la gravità del carattere imprenditoriale della mafia a Milano e in Lombardia, Marcello Viola ha spiegato che la criminalità organizzata prende forza anche dai legami stabiliti con le mafie straniere («preoccupante quello rinsaldatosi ultimamente con la criminalità albanese») e con lo sviluppo delle attività cosiddette «a basso rischio», come lo smaltimento illecito dei rifiuti. «La mafia non è solo una sorta di infiltrazione nel tessuto economico, ma una presenza stabile e strutturata nella nostra società: ha cavalcato in maniera moderna le nuove tendenze del mercato, convertendosi in una sorta di agenzia che offre servizi, naturalmente illeciti, rifuggendo la brutalità e ricercando il consenso sociale. Per questo l'attività giudiziaria e repressiva sono insufficienti, la mafia dobbiamo combatterla tutti» ha concluso il procuratore. Anche Alessandra Cerreti pone l'accento su quanto sia fondamentale la sinergia delle istituzioni e in particolare quella creata dall'associazionismo (e il sostituto della Dda ringrazia più volte «Libera»).
«Va incrinato il consenso sociale che riscuote la mafia: incontri come quello di stasera lo incrinano. Solo così possiamo batterla. Per questo il Comune deve costituirsi parte civile nei processi. Succede troppo raramente» conclude Cerreti.
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