Latte, pane e carne Famiglie in coda fra gli scaffali vuoti

I più previdenti fanno scorta di cracker, prodotti liofilizzati e surgelati

da Roma

Il Natale 2007 arriva pavesato dei colori d’ordinanza: il verde e il rosso. Il verde delle cassette da frutta vuote e rovesciate, in scoraggiante geometrica fila, che accolgono l’aspirante consumatore nel supermercato Gs di piazzale degli Eroi, all’ombra del Cupolone. Il rosso dell’unico pomodoro troppo maturo che ammicca malinconico in un angolo. Hai visto mai: tra qualche ora qualcuno acquisterà anche quello. Pesce niente: il banco è chiuso, i banchisti schierati a presepio. Poco più avanti invece il banco macelleria ben rifornito lavora a pieno regime, i vassoi di plastica con fettine, cosce di pollo e macinato passano di mano in mano: tipico caso di compensazione proteica.
Nuove proteste e antiche paure. Un mix esplosivo che ha fatto sparire dai banchi dei supermercati e dei negozi di Roma - e di tutta Italia - le merci più deperibili, quelle che i Tir fermi da giorni ai bordi delle autostrade o nelle rimesse non consegnano più. E il romano prima sbalordisce, poi reagisce nell’unico modo che conosce, con il riflesso pavloviano di colui al quale la recente abbondanza non ha abrogato dal codice genetico l’atavica paura della fame: quindi, accaparra. Compri chi può, quando e dove si può. Frutta e verdura nostrani (niente ananas, niente banane, kiwi sì, ma quelli vengono da Latina) nei mercati rionali, quelli dove i «vignaroli» che coltivano un pezzo di terra vicino a Roma, in Sabina, nella pianura pontina, garantiscono l’approvvigionamento e sogghignando fanno affari d’oro tirandosela pure un po’. Il pane dai fornai che garantiscono, come fa uno di loro arringando la manzoniana folla in fila per una rosetta, che «finché la farina c’è noi sforniamo». Il latte da nessuna parte, perché chi ha figli ne ha comprato due o tre litri senza nemmeno guardare la scadenza. «È il quarto negozio che giro, speriamo stavolta sia quella buona», dice Marco in fila in un negozio di alimentari alla Borghesiana, periferia Est della capitale, per compiere la mission del parzialmente scremato. Per la cronaca: ce la farà.
Nel bollettino della penuria periferia e centro, quartieri bene e borgate pari sono: al Tuodì di viale Parioli hanno chiuso, alla vicina Gs inutile cercare latte e ortaggi; in viale Mazzini alla Sma anche le verdure surgelate scarseggiano e il banco del pesce ha l’impianto di refrigerazione spento; all’Ipercoop di largo Agosta un commesso aziendalista tenta una spiegazione fantasiosa per quel banco del pesce dove cinque sgombri sembrano vecchietti in un parco a Ferragosto: «La gente ha fatto provviste per il cenone, ora si spende meno». All’ipermercato Panorama di via dell’Appagliatore a Ostia di iper c’è solo la frustrazione di chi torna a casa con la sporta semivuota o piena di articoli acquistati con lo spirito un po’ pionieristico del bunker: crackers, frutta sciroppata, zuppe liofilizzate, minestroni surgelati. All’ipermercato Auchan del nuovo centro commerciale Porta di Roma alla Bufalotta, tutto è gigantesco, anche il cartello che si incarica di togliere ogni speranza a chi entra: «Si avvisa la gentile clientela che a causa dello sciopero degli autotrasportatori alcuni prodotti non saranno disponibili».

Peggio della minaccia è il modo inesorabile in cui viene mantenuta: addio latte fresco, inutile sperare di mettere le mani su un cartone di quello a lunga conservazione, finito il prosciutto crudo, il tacchino, le cotolette. «Ero venuta volantino alla mano per approfittare di alcune offerte - si avvilisce Antonella - ma non ho trovato quasi nulla. Che schifo. Speriamo di non restare senza benzina tornando a casa...».

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